Il Codice civile riserva senza possibilità di eccezioni a determinati strettissimi congiunti detti «legittimari» o «eredi necessari» (si tratta del coniuge o del componente d una unione civile, dei discendenti e, in mancanza di discendenti, degli ascendenti) una rilevante quota dell’asse ereditario, che il de cuius durante la sua vita non può intaccare né con donazioni né con la redazione di un testamento nel quale i predetti congiunti siano preteriti (cioè dimenticati) o addirittura diseredati.
Il legislatore, in questo caso, è stato mosso dall’intento di tutelare determinati soggetti che hanno avuto con il defunto rapporti di stretta familiarità, impedendo che con donazioni o disposizioni testamentarie il de cuius possa preferire chiunque attentando alle aspettative dei suoi congiunti più stretti.
Nel redigere il proprio testamento il de cuius è dunque pienamente libero solamente con riguardo a una quota del suo patrimonio (chiamata «quota disponibile», in contrapposizione a quella destinata necessariamente ai suoi stretti congiunti, e perciò denominata «quota riservata» o «legittima»): insomma, la sua volontà di destinare beni a estranei è sempre esprimibile, se pur assai compressa perché la legge tutela gli eredi legittimari.
Beninteso, le donazioni e il testamento che ledano i diritti dei legittimari non sono invalidi o inefficaci: questi atti sono pienamente validi fino al momento in cui l’erede legittimario pretermesso (cioè dimenticato) o leso o diseredato non agiscano in giudizio con la cosiddetta «azione di riduzione» delle donazioni o delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima, al fine di conseguire - appunto - la quota loro spettante. (... segue)
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Ultima Modifica: 18/08/2018