Con l’entrata in vigore del Regolamento n. 650/2012 (e cioè con effetto per le successioni che aperte dal 17 agosto 2015), i Paesi UE riconoscono come “legge materiale” di una successione ereditaria (e cioè la legge che, ad esempio, stabilisce chi sono gli eredi legittimi in mancanza di un testamento e cosa spetta a ciascuno di essi) quella vigente nel Paese in cui il defunto aveva stabilito la sua “residenza abituale”.
Pertanto, se muore il signor Mario Rossi, cittadino italiano che risiedesse abitualmente in Inghilterra, sarà la legge inglese a regolare la sua successione; se invece muore il signor Raul Olivares, cittadino spagnolo residente abitualmente in Italia, è la legge italiana a regolare la sua successione.
Il criterio di collegamento non cambia se si tratti del decesso di un soggetto che non sia cittadino di un Paese UE o che non abbia la residenza abituale in un Paese UE; e così sarà sempre la legge italiana a regolare la successione del canadese John Smith che risieda abitualmente a Venezia o del cinese Bing Tao che risieda abitualmente a Firenze. Ma, mentre nel caso della successione di Raul Olivares in tutta l’UE, per effetto del Regolamento n. 650/2012, non si dubita che sia la legge italiana quella che regola detta successione, nel caso di John Smith e di Bing Tao non è escluso che i giudici canadesi o cinesi la pensino diversamente sul punto di quale sia la legge da applicare alla successione dei loro cittadini residenti abitualmente in Italia.
Con l’entrata in vigore del Regolamento n. 650/2012 in Italia dovremo dunque iniziare a maneggiare questo concetto di “residenza abituale” finora sconosciuto alla materia della successione a causa di morte. Il Regolamento non ne dà una specifica definizione, ma offre comunque (nel suo ventitreesimo “Considerando”) i parametri con i quali si deve giungere a stabilire dove una data persona abbia avuto la sua residenza abituale.
Si può dunque affermare che, per aversi la “residenza abituale” di un individuo in un determinato luogo, dovrebbe sussistere una stretta e stabile relazione con quel territorio, ciò che si dovrebbe realizzare con il concorso di due elementi (l’uno oggettivo, l’altro soggettivo) di pari e imprescindibile rilevanza, vale a dire:
a) la circostanza oggettiva che un dato soggetto permanga stabilmente in un determinato luogo, situazione che si rileva prendendo in considerazione la durata della permanenza, le ragioni di essa e le sue caratteristiche (con la conseguenza che il concetto di “residenza abituale” non dovrebbe concretarsi se non si tratti di una situazione tendenzialmente permanente, come accade nel caso della presenza che una persona abbia in un dato luogo per ragioni di vacanza o di cura, e ciò anche se si tratti di una situazione che si protragga per un tempo non breve);
b) la circostanza soggettiva attinente alla effettiva intenzione di una data persona di voler stabilire la propria residenza in un dato luogo, al di fuori del Paese del quale tale persona abbia la cittadinanza.
Puntando sul criterio della “residenza abituale” si ha innegabilmente una situazione di minor certezza rispetto al previgente criterio della nazionalità, in quanto, mentre la cittadinanza è una situazione oggettiva, il concetto di “residenza abituale” costringe a un non facile (e opinabile) lavoro di ricerca del luogo in cui si trovava il centro degli interessi del defunto al tempo della sua morte; tuttavia, il concetto di “residenza abituale” meglio indubbiamente si adatta all’obiettivo di ancorare la procedura successoria al luogo nel quale il defunto ha dispiegato i suoi interessi e i suoi affetti.
Volendo “tradurre” il concetto di “residenza abituale” con espressioni familiari al gergo giuridico italiano, ben si potrebbe dire che la “residenza abituale” possa coincidere con il “domicilio” del de cuius, ove questi abbia vissuto nel luogo in cui egli abbia «stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi» (articolo 43 del codice civile); altrimenti, se il de cuius lavorasse in un luogo (ad esempio, ubicato in Svizzera) che egli raggiungesse con viaggi quotidiani dal luogo di residenza suo e della sua famiglia (ubicato invece in Italia), e se nel luogo di lavoro egli non abbia esplicato alcun altro interesse diverso dalla sua attività lavorativa (essendo stati esplicati nel luogo di residenza tutti gli interessi non meramente professionali di tale soggetto), si dovrebbe concludere che, in questo caso, il concetto di “residenza abituale” di cui al Regolamento n. 650/2012, coincida con il luogo in cui egli ha la propria “residenza” ai sensi della normativa civilistica italiana (e cioè il luogo di “dimora abituale”).
Ultima Modifica: 11/08/2015