La legge di conversione del cosiddetto “decreto legge sulla competitività” (d.l. 35/2005, convertito in legge 80/2005) ha disposto che, dopo 20 anni dalla donazione, i beni donati possano circolare “tranquillamente”, e cioè senza il timore che un legittimario leso nei suoi diritti di legittima si soddisfi su quei beni (chiunque sia il loro attuale proprietario) non trovando soddisfazione nel patrimonio del donatario.
Il decorso di questo ventennio è però impedito se il discendente, il coniuge o l’ascendente del donante effettuino il cosiddetto “atto di opposizione alla donazione”, inedita figura giuridica sempre introdotta dal decreto sulla competitività.
L’atto di “opposizione” alla donazione è un atto stragiudiziale che può essere compiuto solo dal coniuge e dai parenti in linea retta del donante e che va notificato al donatario e pure va trascritto nei Registri Immobiliari; esso perde effetto (cioè non sospende il decorso del ventennio cui sopra si è accennato) se non è rinnovato prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.
Lo scopo della nuova normativa è evidente: essa ha l’obiettivo (invertendo radicalmente la precedente prospettiva, e cioè imponendo a carico del legittimario l’onere di attivarsi con la “opposizione”, ove non intenda “subire” il decorso del ventennio) di “mettere in sicurezza”, dopo un certo lasso di tempo, la circolazione dei beni donati (di modo che l’avente causa dal donatario non riceva dall’ordinamento un trattamento deteriore addirittura rispetto a colui che, acquistando un bene da chi non ne sia il proprietario, al massimo dopo un ventennio di possesso, forma in capo a sè mediante usucapione il titolo acquisitivo del bene posseduto).
Finora, infatti, se il legittimario leso dalla donazione non trovava capienza nel patrimonio del donatario per conseguire il valore della quota di legittima spettantegli, il legittimario stesso poteva soddisfarsi direttamente sui beni donati pretendendone la “restituzione” da parte di chi ne fosse attualmente il proprietario.
Con l’effetto che chiunque si fosse trovato appunto nella titolarità dei beni donati avrebbe potuto dunque vedersi coinvolto nella vicenda giudiziaria originata dalle pretese del legittimario leso dalla donazione verso il donatario dante causa dell’attuale proprietario: ovviamente, inoltre, e visto che il presupposto del coinvolgimento dell’attuale proprietario avente causa dal beneficiario delle disposizioni lesive della legittima è che il patrimonio del donatario stesso sia incapiente per soddisfare il legittimario, l’attuale proprietario dei beni donati convenuto con l’azione di restituzione difficilmente trova soddisfazione del proprio credito di regresso verso il suo dante causa, a cagione appunto della incapienza del patrimonio di detto suo dante causa.
Tutta questa problematica era purtuttavia di frequenza assai contenuta (e quindi quasi mai, in pratica, si poneva) fino a poco tempo fa (come dimostrano le scarsissime pronunce giurisprudenziali in questa materia che i Repertori hanno registrato), e cioè fino a quando l’atto di donazione ha trovato un disincentivo nella sua elevata fiscalità; con la detassazione delle donazioni (legge 18 ottobre 2001 n. 383), l’utilizzo del contratto di donazione ha avuto invece una vera e propria “esplosione” (causando quindi innumerevoli problemi di successiva circolazione dei beni donati), sia con riguardo alle tradizionali trasmissioni immobiliari, sia con riguardo a “più moderne” fattispecie: la donazione tra familiari (spesso, con evidente frode al fisco) dell’area edificabile in vista della sua alienazione al di fuori di quella famiglia, la donazione delle partecipazioni al capitale sociale di qualsiasi tipo di società, la donazione dell’azienda da padre a figlio, da marito a moglie o addirittura dall’attuale imprenditore alla società formata dai familiari del donante.
Se quindi prima del “decreto competitività” del 2005, la tutela dei legittimari poteva essere definita in termini di “tutela assoluta”, e cioè senza eccezioni, dopo la novella questa tutela si è dunque evidentemente “relativizzata”: se trascorrono venti anni e non sia stata fatta la “opposizione”, non è più esperibile l’azione di restituzione contro gli aventi causa del donatario. In altri termini, dal comportamento silente o inerte del legittimato all’opposizione consegue la “purgazione” del bene donato dagli ostacoli che alla sua circolazione deriverebbero dalla sua sottoponibilità all’azione di restituzione.
Si tratta a questo punto di stabilire a quale tra questi due interessi (la tutela dei legittimari, da un lato; la circolazione del bene senza ostacoli, dall’altro) sia da conferire la “prevalenza”, dopo questa novità legislativa: ebbene, da un lato, con una visione di questa materia di impostazione “più tradizionale”, potrebbe forse anche concludersi che nulla sia innovato (meno ovviamente che per il “particolare” rappresentato dalla preclusione all’azione di restituzione dopo un certo tempo, che peraltro può essere evitata appunto mediante l’atto di “opposizione”) rispetto alla centralità della posizione dei legittimari nel nostro ordinamento, e quindi concludersi nel senso che gli interessi del legittimario debbono ancor oggi essere tenuti nella massima considerazione e ritenuti prevalenti.
D’altro lato, invece, con una visione più innovativa, che invero appare preferibile (fondata, da un lato, sull’evidente carattere “di urgenza” che ha contraddistinto l’emanazione di questa norma, e, d’altro lato, sul fatto di essere espressione concreta dell’obiettivo di conferire “competitività” al nostro ordinamento), è da discendere la conclusione secondo cui la nuova legge verrebbe ingiustificatamente sminuita nella sua effettiva portata da un’interpretazione che facesse prevalere la visione tradizionale degli istituti in esame rispetto ad una loro “rinnovata” lettura alla luce della disciplina recata dalla novella: non dimenticando che essa in tanto dà tutela al futuro legittimario (sotto il profilo dell’esperibilità dell’azione di riduzione) non, come prima, in via “assoluta”, ma solo ove egli dispieghi una data attività prescritta dalla legge.
E non può essere senza significato che, in precedenza, al legittimario la tutela spettava comunque e che ora invece questa tutela il legittimario se la deve andare a “conquistare”, a pena di non conseguirla se l’onere di opporsi non sia dal medesimo attivato.
Ultima Modifica: 04/07/2006