La donazione indiretta
La donazione è il contratto con il quale un soggetto (detto “donante”) trasferisce un proprio diritto (ad esempio: la proprietà di un immobile o di una somma di denaro) ad un altro soggetto (detto “donatario”) o assume verso quest’ultimo una obbligazione (ad esempio: l’obbligo di corrispondergli una rendita vitalizia) per spirito di liberalità, senza cioè ricevere una controprestazione e quindi con l’effetto di incrementare l’entità della sfera giuridica del donatario a detrimento della sfera giuridica del donante.
Trattandosi di un’attività giuridica che provoca un impoverimento del patrimonio del donante, senza che questi ottenga alcunché in cambio, la legge circonda l’atto di donazione di forme molto “solenni”, proprio al fine di sollecitare la riflessione del donante su ciò che egli sta facendo: infatti, il Codice civile commina la nullità della donazione (e cioè, in mancanza della forma prescritta, nessun diritto è trasferito e nessun obbligo è assunto) se essa non sia stipulata per atto pubblico (e quindi con il necessario intervento del notaio) in presenza di due testimoni.
Sulla tassazione del contratto di donazione non ci sono particolari difficoltà. Va solo osservato che le aliquote d’ imposta vengono differenziate a seconda che i donatari siano:
a) il coniuge oppure un parente in linea retta: qui l’aliquota è del 4 per cento (ma con franchigia di 1 milione di euro da moltiplicare tante volte quanti sono i donatari);
b) un fratello o una sorella: l’aliquota è del 6 per cento (ma con franchigia di 100mila euro da moltiplicare tante volte quanti sono i donatari);
c) gli altri parenti fino al quarto grado, gli affini in linea retta e gli affini in linea collaterale fino al terzo grado: anche in questo caso l’aliquota è del 6 per cento (ma senza alcuna franchigia);
d) altri soggetti diversi dai precedenti: l’aliquota è dell’8 per cento (anche qui senza alcuna franchigia).
Va peraltro precisato che se il beneficiario del trasferimento è una persona portatrice di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, l’imposta di donazione si applica esclusivamente sulla parte del valore della donazione che supera l’ammontare di 1 milione 500 mila euro.
Nel caso poi che la donazione riguardi beni immobili, le imposte ipotecaria e catastale si applicano con le aliquote, rispettivamente, del 2 e dell’1 per cento. Peraltro, qualora il donatario si trovi nella condizione per poter richiedere i benefici dell’acquisto “prima casa”, le imposte in questione sono dovute nella misura fissa di euro 168 cadauna.
Se quello che finora si è detto vale dunque per le donazioni “formali” (e cioè quelle stipulate con l’atto pubblico) non si può non osservare che l’intento di un soggetto di beneficiare un altro soggetto senza avere una controprestazione in cambio si raggiunge, nella quotidianità dei rapporti tra persone legate da vincoli familiari o affettivi, anche mediante strumenti diversi rispetto alle predette donazioni “formali”.
Si pensi al caso del padre che paga un prezzo dovuto dal figlio (ad esempio: il figlio, studente universitario, compra un appartamento nella città ove frequenta l’Università; dato che il figlio non ha redditi, è evidente che il prezzo dovuto per l’ acquisto lo debbano pagare i genitori); oppure al caso del padre che paga un debito del figlio; oppure ancora al caso del nonno che versa una somma di valore non irrisorio sul conto corrente del nipote.
In questi casi bisogna distinguere:
a) in alcune ipotesi (è questo, probabilmente, il caso dell’ intestazione in capo al figlio di una posizione di risparmio gestito presso una banca) si potrebbe avere una donazione nulla a causa della mancanza della forma prescritta dalla legge (l’atto pubblico) per la validità della donazione; quindi, nell’esempio, il dossier titoli, seppur formalmente intestato al figlio, rimarrebbe sostanzialmente di proprietà dei genitori, con la conseguenza, ad esempio, che se si trattasse di genitori che avessero anche altri figli, alla morte dei genitori questi altri figli potrebbero pretendere di concorrere alla acquisizione di un asse ereditario formato anche con i titoli iscritti nel dossier formalmente intestato al fratello “donatario”;
b) in altre ipotesi (si pensi al caso del padre che, pagando il debito del figlio, rinuncia ad agire in regresso contro il figlio stesso, per farsi rimborsare le somme pagate; oppure al caso del padre che paga il prezzo dell’acquisto immobiliare intestato al figlio) si parla non più di una donazione, affetta da nullità, ma di una valida donazione “indiretta”.
Si ha infatti una “donazione indiretta” in tutti quei casi in cui si verifica un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un connesso “impoverimento” del disponente (e cioè lo schema tipico della donazione “vera e propria”) senza che sia stipulata una donazione “formale”, vale a dire il contratto, necessariamente veicolato attraverso un atto pubblico notarile e ricevuto in presenza di due testimoni.
Si parla di donazione “indiretta” proprio per la ragione che si giunge al medesimo effetto di una donazione (e cioè, si ripete, l’impoverimento del donante e l’arricchimento del beneficiario) non direttamente attraverso un contratto stipulato con il ministero notarile, ma appunto “indirettamente”, e cioè attraverso un percorso ma che conduce al medesimo risultato. La conseguenza di questo pervenire al medesimo effetto percorrendo una strada diversa rispetto alla donazione “formale”, è che alla donazione “indiretta” non si applicano le regole formali della donazione “vera e propria” (e cioè la regola dell’atto pubblico notarile in presenza di due testimoni, con la c conseguenza della validità della donazione indiretta anche senza atto notarile) ma si applicano tuttavia le regole “sostanziali” che il codice civile detta per la donazione vera e propria.
In particolare, anche alla donazione “indiretta” si applicano le norme in tema di lesione della quota di legittima: in altri termini, se Tizio ha due figli (Caio e Sempronio) e paga, favorendo Sempronio, un debito che questi ha verso una banca a causa di una sfortunata attività imprenditoriale, con ciò Tizio ha effettuato una donazione indiretta verso il figlio Sempronio e l’altro figlio Caio può lamentarsene, se l’importo del debito è tale da ledere la quota di legittima che spetta a Caio sul patrimonio di Tizio.
Ebbene, di donazione indiretta” si parla in una molteplice serie di situazioni: si passa dalle ipotesi più semplici (quale quella, come detto, del padre fideiussore, escusso per un debito del figlio, che poi rinuncia all’azione di rivalsa verso il figlio) a quelle più complesse, magari realizzate mediante operazioni societarie; si pensi, per esempio:
a) a una fusione, ove il rapporto di cambio tra le partecipazioni della società incorporata e quelle della società incorporante viene volutamente alterato, rispetto a quello che emergerebbe da una obiettiva valutazione dei patrimoni delle società coinvolte nell’operazione (in modo che i soci di una delle due società abbiano un vantaggio a discapito dei soci dell’altra società, il tutto caratterizzato da uno spirito liberare di questi ultimi verso i primi); oppure:
b) a un aumento di capitale al valore nominale con il quale colui che lo sottoscrive acquisisce invero una quota di una società che vale ben di più del versamento effettuato per liberare detta sottoscrizione (si pensi al caso dell’aumento di capitale da 20mila a 30mila euro sottoscritto e liberato al nominale da un figlio nella società del padre, la quale, per avviamento e patrimonio, abbia in ipotesi un valore di 1 milione di euro).
Ora, con l’entrata in vigore della legge di conversione del dl 3 ottobre 2006, n. 262, e quindi con il ritorno in vita dell’imposta di donazione, si verifica la riemersione dell’antica e discussa problematica della tassazione delle “donazioni indirette”, che venne sopita dall’ abrogazione dell’imposta di donazione operata dalla legge 18 ottobre 2001 n. 383 (in vigore dal 25 ottobre 2001).
In alcuni casi, la donazione indiretta (che normalmente subisce la tassazione con l’imposta di donazione) non corre, tuttavia, il rischio di subire l’applicazione dell’imposta di donazione: l’articolo 1, comma 4-bis, del d. lgs. 346/1990 sancisce infatti che "ferma restando l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto".
In altri termini, per tutti gli acquisti immobiliari finanziati da terzi è possibile dichiarare in atto che il pagamento è avvenuto a cura del soggetto donante, così da consentire alle famiglie di rendere trasparenti i loro rapporti economici (ad esempio, la dazione di denaro dal padre al figlio ovvero il pagamento del relativo prezzo da parte del padre per l'acquisto di una casa).
E’ possibile, in sostanza, dichiarare, nell'ambito di una compravendita immobiliare, che la provvista per il pagamento del prezzo deriva non dalle tasche dell'acquirente bensì da terzi (ad esempio: i genitori), e ciò senza temere ulteriore tassazione rispetto a quella che afferisce al trasferimento a titolo oneroso (e quindi senza la tassazione della donazione indiretta derivante dal pagamento del debito altrui), in quanto, appunto, la donazione indiretta che risulti nell'ambito di un trasferimento immobiliare o aziendale (e cioè un atto per il quale si scontino imposta di registro proporzionale o imposta sul valore aggiunto) non subisce imposizione per il nuovo principio di alternatività tra la tassazione di registro o di Iva e la tassazione della donazione indiretta
Pertanto, il problema di giustificare la dotazione finanziaria di un determinato soggetto nell'acquisto di un immobile è risolvibile, con facilità disarmante, mediante una "semplice" dichiarazione dell'acquirente stesso (suffragata con dati probatori) di aver ricevuto la provvista del denaro per "donazione" da parte di altri (ad esempio: un genitore) oppure mediante l'intervento all'atto di acquisto del "donante" stesso per dichiarare appunto di essere lì presente al fine di fornire la provvista: all'Erario basterà il prelievo (imposta di registro o Iva) effettuato sul trasferimento immobiliare.
Problemi di tassazione della donazione indiretta invece si presentano in casi diversi da quelli appena illustrati, e cioè diversi da quelli nei quali la donazione risulti da un atto cui è stata applicata l’imposta proporzionale di registro o l’Iva: infatti, nell’articolo 2, comma 47, del dl 262/2006, nella modifica derivante dalla legge di conversione, si dispone che alle donazioni va applicata la disciplina fiscale recata dal "decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001" (vale a dire il testo unico dell’imposta di successione e donazione quale era vigente il giorno prima dell’entrata in vigore della legge 383/2006, che appunto soppresse queste imposte).
Ebbene, nell’ambito di detto testo unico, appena prima dell’ abolizione dell’imposta di donazione era stato introdotto l’articolo 56-bis (ad opera dell'art. 69, comma 1, lett. p), della legge 21 novembre 2000, n. 342) il quale venne a disciplinare, come esito di un dibattito più che decennale sul punto, la tassazione delle “donazioni indirette” (che prima non si sapeva bene se e come tassare).
L’articolo 56-bis del d. lgs. 346/1990 venne dunque a concedere al contribuente la seguente alternativa:
a) sottoporre volontariamente la donazione indiretta a tassazione con le aliquote del 3, 5 e 7 per cento (per i valori eccedenti la franchigia di 350 milioni di vecchie lire);
b) subire la tassazione del 7 per cento (sempre sopra i 350 milioni di lire) qualora non si fosse proceduto a detta registrazione volontaria e la esistenza della liberalità venisse conosciuta dagli uffici fiscali nell’ambito di "procedimenti diretti all’ accertamento di tributi".
Il caso “classico” dell’emersione della donazione indiretta è quello del contribuente che la “confessi” in occasione di un accertamento sintetico per incrementi patrimoniali, al fine di vincere la presunzione di aver sostenuto la spesa con redditi, non dichiarati, conseguiti nell’ultimo quinquennio (articolo 38, comma 5, dpr 600/1973).
Il principale problema che oggi si pone è però nel coordinamento delle norme interessate: infatti, ad esempio, l’articolo 56-bis non solo fa riferimento ad aliquote (3, 5 e 7 per cento) diverse da quelle disposte dalla legge di conversione del dl 262 (4, 6 e 8 per cento); ma anche considera una franchigia di 350 milioni di lire per ciascun beneficiario quando invece la franchigia è oggi disposta in 1 milione di euro per le sole donazioni tra coniugi o parenti in linea retta.
Ora, la tesi che pretenda l’inapplicabilità dell’articolo 56-bis alle donazioni indirette del futuro, a causa di queste imperfezioni di coordinamento normativo, appare una tesi troppo formalistica; più appropriato appare ritenere l’ applicazione della norma sulla tassazione delle donazioni indirette con le nuove aliquote del 4, 6 e 8 per cento e con la franchigia di 1 milione se beneficiari dell’arricchimento per donazione indiretta siano il coniuge o i parenti in linea retta del donante.
Ultima Modifica: 31/01/2007