L’esperienza professionale quotidiana insegna che sono assai poche le successioni regolate da un testamento, segno che è generalmente apprezzata la disciplina contenuta nel codice civile per provvedere alla ripartizione tra gli eredi del patrimonio ereditario nel caso in cui appunto manchi un testamento.
Le norme del codice che disciplinano questa materia, e cioè la devoluzione ereditaria nel caso in cui il de cuius non lasci un testamento, sono definite nel loro insieme come “successione legittima”, espressione nella quale l’aggettivo “legittima” indica che è la legge a provvedere all’ individuazione degli eredi e alla determinazione di quanto spetta a ciascuno di essi. Si parla anche di successione “intestata”, a significare che si tratta di una successione in assenza di testamento.
Si ha dunque successione legittima o intestata quando il defunto non lascia alcun testamento oppure lascia un testamento che non contempla tutti i beni a lui appartenuti al momento della morte. Si pensi al caso che il testamento, scritto nel 2008, disponga: “lascio a Giovanna la casa di Rimini e a Francesco la casa di Milano”; e che nel 2009, un mese prima di morire, il de cuius avesse acquistato anche una casa a Roma senza riscrivere il testamento. In questa ipotesi dunque le sorti della casa di Roma sono appunto disciplinate dalle regole della successione legittima.
Chi sono dunque i beneficiari di queste regole, in mancanza di una indicazione testamentaria ? Il codice civile, presumendo di interpretare quella che è, nella maggior parte dei casi, la volontà del defunto, stabilisce, in sostanza, che qualora taluno scompaia senza lasciare testamento, a lui succedono i suoi più stretti congiunti, con la regola che la sussistenza di un parente di grado più stretto esclude la successione del parente di grado più remoto. Cosicchè, se il de cuius lascia ad esempio parenti di terzo grado e di quinto grado, eredi sono quelli di terzo grado mentre quelli di quinto grado restano esclusi dalla successione.
In altri termini, la successione legittima si fonda dunque sulla presunzione che, se il defunto avesse lasciato un testamento, egli avrebbe molto probabilmente disposto dei suoi beni in favore dei suoi familiari più vicini: si tratta di una presunzione che, fondandosi su un dato oggettivo, quale il grado di parentela, evita a priori il problema di stabilire chi sia maggiormente “degno di tutela” tra i suoi possibili successori oppure chi sia il soggetto “più meritevole” di conseguire l’eredità. Sarebbe infatti difficile procedere con un metodo diverso, ad esempio, stabilendo caso per caso chi dovrebbe essere il beneficiario dell’eredità tra coloro con i quali il defunto abbia avuto rapporti in vita.
La presunzione che il defunto avrebbe disposto in favore dei suoi familiari se avesse scritto un testamento non può operare però fino a limiti eccessivi, e cioè quando il rapporto di parentela sia talmente labile da far ritenere che nessun contatto vi fosse tra il defunto e i parenti tanto lontani. E' quindi per questo motivo che il codice civile dispone che, se il de cuius non ha parenti entro il sesto grado, l'intero suo patrimonio si devolve allo Stato.
Coloro che succedono per successione legittima si dicono “eredi legittimi”; sull’utilizzo di questa espressione bisogna però fare attenzione, in quanto gli eredi legittimi non vanno confusi con i “legittimari”, e cioè con coloro cui la legge necessariamente riserva una quota del patrimonio ereditario (detta “quota di riserva” o “quota di legittima”) e che possono impugnare le donazioni e le disposizioni testamentarie con le quali il de cuius abbia violato questa riserva.
La confusione è generata anche dal fatto che spesso la qualità di “erede legittimo” e di “erede legittimario” coincidono. Vediamo al riguardo l’esempio che segue, per chiarire le idee nel miglior modo possibile: Mario, sposato con due figli, era proprietario in vita di cinque appartamenti, di pressoché identico valore; immaginiamo che Mario abbia donato, durante la propria vita, quattro di questi appartamenti al figlio Giovanni e che nella sua successione sia rimasto solo il quinto appartamento; immaginiamo anche che Mario sia deceduto senza lasciare testamento e che nel patrimonio del defunto non ci sia altro che questo appartamento.
Ebbene, l’appartamento oggetto di eredità, in applicazione delle regole della successione legittima, dovrebbe essere suddiviso tra il coniuge superstite e i due figli per un terzo ciascuno (si tratta di tre eredi legittimi); tuttavia, avendo il figlio Giovanni già ricevuto ben più della sua quota di riserva (pari a un quarto del valore dei cinque appartamenti) è immaginabile che egli non solo non concorra alla eredità sul quinto appartamento ma pure che egli debba retrocedere alla madre e al fratello (che sono anch’essi eredi legittimari) una parte di quanto gli è stato donato affinchè essi conseguano la loro quota di legittima, e cioè almeno un quarto del valore dei cinque appartamenti.
Ultima Modifica: 20/03/2011