L’abitazione principale non provoca tassazione in capo al suo proprietario, in quanto per essa compete al contribuente una deduzione pari alla rendita catastale dell’unità immobiliare stessa (rivalutata del 5 per cento); in altri termini, se il contribuente deve bensì dichiararne il reddito (quello “figurativo”, pari appunto alla rendita catastale rivalutata del 5 per cento), egli può contemporaneamente “neutralizzarlo” mettendo in deduzione a proprio favore un importo pari a quello della rendita rivalutata.
Per “abitazione principale” si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente; quindi la deduzione spetta sia nel caso l’appartamento sia abitato direttamente dal proprietario, sia quanto l’unità immobiliare in questione costituisce la dimora principale soltanto dei familiari del contribuente stesso che lì abbiano la propria residenza.
A quest’ultimo riguardo, va ricordato che la deduzione per l’abitazione principale compete per una sola unità immobiliare, per cui se il contribuente possiede due appartamenti (uno adibito a propria abitazione principale e l’altro utilizzato da un suo familiare), la deduzione spetta esclusivamente per il reddito dell’ immobile adibito ad abitazione principale del contribuente.
La deduzione per l’abitazione principale spetta anche nel caso in cui si trasferisce la propria dimora abituale a seguito di ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, purché l’unità immobiliare non risulti locata.
Ultima Modifica: 01/07/2006