Il chiamato all’eredità può formulare la sua accettazione anzitutto in forma espressa: e cioè mediante un atto (normalmente è un atto notarile) nel quale egli dichiara di accettare l’eredità o assume la qualità di erede.
L’accettazione dell’eredità può avvenire anche in forma “tacita”: e cioè mediante il compimento, da parte del chiamato all’eredità, di un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che egli non avrebbe il diritto di compiere se non nella sua qualità di erede. Si pensi al caso dell’erede che procede alla vendita di un bene (ad esempio: una autovettura) nella consapevolezza che esso era di proprietà del defunto.
Occorre poi sottolineare (perché è il caso più frequente, ma anche quello forse meno conosciuto) che la legge considera erede anche il chiamato all’eredità che, essendo nel “possesso” dei beni ereditari (cioè avendone la materiale disponibilità), non formulano, entro tre mesi dall’apertura della successione, una dichiarazione di rinuncia all’eredità o di accettazione con beneficio di inventario.
Si pensi al caso dei familiari conviventi con il defunto che continuano ad abitare nella casa già di proprietà del defunto oppure che continuano ad utilizzare i beni che gli appartenevano.
Ultima Modifica: 20/03/2011