Un altro via libera giudiziale per un trust, questa volta finalizzato a esigenze familiari: il Tribunale di Milano ha infatti omologato l'8 marzo 2005 una separazione fra coniugi nel cui ambito è stata appunto convenuta l'istituzione di un trust con il fine di "garantire" alla figlia (ora minorenne) dei coniugi che si sono separati di ottenere la piena proprietà di un'abitazione al compimento del suo trentesimo anno di età.
Dopo che il Tribunale di Parma ha omologato (decisione del 3 marzo 2005) un concordato preventivo includente un trust finalizzato al soddisfacimento delle ragioni dei creditori, del quale è stato nominato trustee lo stesso Commissario giudiziale, il provvedimento del Tribunale di Milano assume un duplice rilievo: il riconoscimento, da un lato, della validità del cosiddetto trust "interno" (quello fatto in Italia da soggetti italiani con riguardo a beni ubicati in Italia) e la conferma, d'altro lato, della utilizzabilità della formula del trust cosiddetto "autodichiarato", quello cioè ove il disponente nomina se stesso quale trustee, con ciò vincolandosi a dare ai beni oggetto del trust la finalizzazione indicata nelle tavole costitutive del trust stesso (nel caso di Parma, invece, si aveva un trust vero e proprio, cioè con il trasferimento dei beni dal disponente al trustee e con l'importante sottolineatura della neutralità fiscale di questo passaggio di proprietà).
Con il trust "autodichiarato", il padre, proprietario dell'immobile destinato alla figlia, ne rimane quindi proprietario ma diviene ora obbligato a seguire le disposizioni dell'atto istitutivo del trust, redatto d'intesa con la moglie.
In caso di sua morte nel vigore del trust non si verificherà successione ereditaria per quanto riguarda quell'immobile che, essendo "segregato", passerà non più ai suoi eredi, ma al nuovo trustee, in vista di entrare in proprietà della figlia beneficiaria al compimento del suo trentesimo anno d'età.
Il trust che ha avuto il crisma dell'omologazione del tribunale milanese ha dunque come finalità quella di soddisfare le esigenze abitative della figlia minore nata dal matrimonio e di trasferirle un immobile in piena proprietà al termine del trust: si trattava, quindi, di "segregare" (questo è il termine entrato nell'uso comune per descrivere l'effetto sostanziale di qualsiasi trust) un bene immobile e di assicurarne la destinazione.
L'effetto segregativo non sarebbe dunque stato possibile qualora l'immobile fosse rimasto di proprietà del padre, in quanto esso sarebbe rimasto nel suo patrimonio e quindi possibile oggetto di aggressione da parte di qualsiasi suo creditore, mentre la certezza della destinazione non si sarebbe verificata qualora l'immobile fosse stato trasferito fin da ora alla figlia minore, perché esso avrebbe potuto essere alienato nel corso degli anni successivi e avrebbe comunque risposto dei debiti che, crescendo, la figlia avrebbe potuto contrarre.
Ancora, trasferendo oggi l'immobile alla figlia, esso passerebbe, in caso di morte della figlia stessa prima del compimento del trentesimo anno di età, ai suoi eredi testamentari e, in mancanza, ai suoi eredi legittimi e cioè (in mancanza di figli) ai suoi stessi genitori, per allora probabilmente divorziati.
L'atto istitutivo del trust prevede invece che l'immobile torni al padre qualora la figlia non giunga al proprio trentesimo compleanno.
Si trattava, quindi, di "sterilizzare" le vicende patrimoniali e personali sia del padre che della figlia e solo il trust poteva assicurare questo obiettivo; ciò che il Tribunale ha dunque riconosciuto come legittimo e quindi validato.
Ultima Modifica: 14/03/2006