L’organizzazione del passaggio generazionale nelle famiglie imprenditoriali è, senza dubbio, uno dei più frequenti utilizzi del trust, strumento che, per le sue peculiari caratteristiche, ben si presta infatti al raggiungimento dello scopo di suddividere il patrimonio tra i familiari dell’imprenditore e, se occorre, per l’individuazione (di solito, tra gli eredi, ma non solo) di colui o di coloro che sono reputati più adatti per assumere il comando dell’impresa oggetto di passaggio generazionale.
Il trust generazionale tra l’altro beneficia di assai consistenti agevolazioni fiscali.
L’utilizzo del trust in funzione successoria necessita però di una importante premessa in quanto spesso, nella pratica professionale, si coglie, in coloro che si avvicinano al trust, la diffusa convinzione che il trust rappresenti un astuto diversivo per evitare l’applicazione delle regole della cosiddetta "successione necessaria".
Ma si tratta di una considerazione completamente sbagliata e che va con vigore smentita.
Nel nostro ordinamento infatti campeggiano regole inderogabili, riassunte con l’espressione "successione necessaria", che attribuiscono a determinati soggetti (detti "legittimari": il coniuge e i discendenti del defunto nonché, se mancano i discendenti, i genitori del defunto) una rilevante quota del patrimonio del de cuius (la cosiddetta "legittima").
Occorre inoltre considerare che il valore di questo patrimonio sul quale i legittimari calcolano le quote ad essi spettanti per legge, non è solamente quello di cui il defunto abbia la titolarità al momento della sua morte, ma è anche quello di cui il defunto abbia disposto durante la propria vita con atti di liberalità, e cioè principalmente con donazioni; e pure le attribuzioni che il de cuius abbia fatto ai beneficiari di un trust liberale rientrano a pieno titolo in questo ambito.
Pertanto, la prima regola da osservare quando si pianifica un passaggio generazionale mediante trust è quella di considerare che le attribuzioni ai beneficiari del trust debbono tenere conto delle quote di eredità riservate ai legittimari; e che, se alcuno dei beneficiari riceva un’attribuzione lesiva dei diritti degli altri legittimari, la "tenuta" di questa costruzione è condizionata dal fatto che costoro mantengano, dopo la morte del de cuius, un atteggiamento consenziente verso la volontà del defunto e quindi non contestino le attribuzioni da questi effettuate (per impugnare le liberalità lesive della legittima la legge concede infatti dieci anni di tempo dopo la morte del de cuius e non è consentita alcuna rinuncia mentre il defunto è in vita).
Resta salvo il caso che il trust sia in varia misura "combinato" con la stipula di un "patto di famiglia" e cioè di quel contratto, finalizzato proprio alla realizzazione del passaggio generazionale nell’azienda familiare, al quale il codice civile (articoli 768-bis e seguenti) conferisce il particolare effetto di non essere contestabile in sede di successione dell’imprenditore defunto.
Fatta questa doverosa premessa, si può passare ad analizzare i casi in cui può essere utile che le azioni di spa o le quote di srl di titolarità dell’imprenditore vengano intestate a un trustee in funzione del passaggio generazionale dell’impresa.
L’ipotesi più frequente è purtroppo quella dell’esistenza, nella famiglia dell’imprenditore, di un dissidio o comunque di una situazione ritenuta preclusiva di un armonica trasmissione ereditaria: vuoi a causa di un matrimonio non tollerato (ad esempio: la figlia dell’imprenditore si è coniugata con un soggetto non considerato benevolmente dai famigliari della sposa), vuoi a causa delle sgradite abitudini di vita del figlio dell’ imprenditore (ad esempio, perché oltremodo ozioso o perché frequentemente coinvolto in dissolutezze, sperperi oppure nell’uso di alcool o droghe), vuoi a causa di una sua conclamata incapacità di gestire situazioni imprenditoriali, eccetera.
In queste ipotesi è frequente l’intestazione al trustee dei beni che saranno oggetto della trasmissione ereditaria, affinchè questi li gestisca nell’ interesse dei beneficiari, li preservi dalla dissipazione e, alfine, li ripartisca tra i beneficiari in funzione dei loro meriti e delle loro capacità, sempre avendo presenti le norme sulla successione legittima di cui prima si è parlato.
Un’altra vicenda che spesso capita di gestire è quella dell’ imprenditore che si sia reso protagonista di una pluralità di matrimoni, e che quindi si trovi ad avere figli di età assai diversa tra loro: in ipotesi, alcuni già adulti, alcuni ancora studenti, alcuni ancora in fasce.
Non è facile conciliare la legittima aspirazione dei figli più maturi a subentrare nella conduzione dell’impresa con la naturale protezione che deve essere concessa a quelli non ancora in grado di provvedere a se stessi.
Anche in questo caso l’intervento del trustee può essere una ottimale soluzione per bilanciare gli interessi in campo e per effettuare le attribuzioni più consone, da un lato, alla preservazione del valore dell’azienda e, d’altro lato, alla equa ripartizione del patrimonio dell’imprenditore.
Non sono infrequenti nemmeno le situazioni in cui non vi sono tanto da gestire problemi di ripartizione del patrimonio dell’ imprenditore (poiché questi, in ipotesi, si trovi privo di stretti familiari aventi diritto alla legittima), quanto c’è da affrontare il tema di individuare un soggetto idoneo a proseguire l’impresa, una volta che l’imprenditore sia passato a miglior vita.
Anche in questo caso il trust può essere un’efficace soluzione per evitare che la morte dell’imprenditore comporti la distruzione dell’impresa a causa del venir meno di chi la guidava.
Ultima Modifica: 19/12/2010