La legge, al riguardo, prevedeva due diversi "attestati" al fine della "certificazione energetica":
- l’attestato di qualificazione energetica chiamato a svolgere il ruolo di strumento di controllo successivo del rispetto, in fase di costruzione o ristrutturazione degli edifici, delle prescrizioni volte a migliorarne le prestazioni energetiche (art. 8 comma secondo);
- l'attestato di certificazione energetica, chiamato a svolgere il ruolo di strumento di "informazione" dell'acquirente o del conduttore (art. 6 commi terzo e quarto) circa la prestazione energetica ed il grado di efficienza energetica degli edifici; in particolare, al fine di assicurare quella funzione di "strumento di informazione" propria dell'attestato di certificazione energetica, il legislatore ha prescritto che lo stesso, in caso di trasferimento a titolo oneroso di interi immobili o di singole unità immobiliari, debba essere allegato all'atto traslativo, e ciò a pena di nullità (relativa) dell'atto medesimo ovvero che lo stesso, in caso di locazione, venga consegnato o messo a disposizione del conduttore, sempre a pena di nullità (relativa) del contratto.
I due attestati si distinguevano, oltre che per le diverse "funzioni", anche per quanto riguarda le caratteristiche del "certificatore": infatti mentre l'attestato di qualificazione energetica può essere predisposto ed asseverato da un professionista abilitato alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio "non necessariamente estraneo alla proprietà e quindi non necessariamente “terzo”, l’attestato di certificazione energetica era rilasciato da "esperti" o "organismi" "terzi", dei quale dovevano essere garantiti "la qualificazione e l'indipendenza".