La consuetudine, a differenza delle precedenti fonti, che sono tutte scritte, è una fonte del diritto non scritta basata sulla tradizione.
Perché si possa parlare di consuetudine occorrono due condizioni:
- l’abitudine a seguire un certo comportamento per un determinato periodo di tempo (diuturnitas);
- la convinzione che quel comportamento sia giuridicamente obbligatorio (opinio iuris ac necessitatis).
Tradizionalmente viene distinta in:
- consuetudine secundum legem, quando è richiamata dalle leggi scritte;
- consuetudine praeter legem, quando regola materie non disciplinate da fonti scritte;
- consuetudine contra legem, quando è contraria a norme di legge e si pone in posizione abrogativa rispetto a norme di legge. Non è ammissibile nel nostro ordinamento.
Nel nostro ordinamento giuridico la consuetudine generalmente ha efficacia solo se espressamente richiamata dalle leggi, dai regolamenti o dagli usi.
Esistono tuttavia delle norme che non sono scritte in alcun documento né tanto meno richiamate, che sono però seguite in modo costante.
Un esempio è rappresentato dalla procedura di consultazione per la formazione del Governo, secondo la quale il Presidente della Repubblica riceve e consulta i segretari dei partiti politici, i Presidenti di Camera e Senato, i Presidenti dei gruppi parlamentari e gli ex Presidenti della Repubblica prima di scegliere la persona a cui conferirà l’incarico di formare un nuovo Governo.