Oltre al referendum costituzionale infatti la Costituzione prevede anche il referendum abrogativo (art. 75 Cost.) con il quale si può eliminare una legge attuando la cosiddetta “democrazia diretta”.
L’art. 75 stabilisce i limiti al referendum abrogativo: non possono costituire oggetto di referendum abrogativo le leggi in materia di:
- amnistia e indulto;
- tributi;
- bilancio dello Stato;
- trattati internazionali.
Il referendum abrogativo può essere richiesto da cinquecentomila elettori, oppure da cinque Consigli regionali. La richiesta deve essere presentata tra gennaio e settembre ed i quesiti devono essere formulati in modo chiaro, così da permettere agli elettori di esprimere il loro consenso.
L’Ufficio centrale per il referendum, istituito presso la Corte di Cassazione, verifica la regolarità ed il numero necessario delle firme: se il controllo ha esito positivo invia tutto alla Corte Costituzionale che dovrà esprimere un giudizio di ammissibilità del referendum proposto, controllando a sua volta se la legge di cui si chiede l’abrogazione può essere oggetto di referendum e se il quesito è espresso in modo chiaro. Se anche il controllo della Corte Costituzionale ha esito positivo, la richiesta referendaria passa al Presidente della Repubblica, che indirà il referendum in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.
La legge oggetto di referendum abrogativo viene eliminata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto (quorum costitutivo) e se dai voti validamente espressi c’è una maggioranza dei SI (quorum deliberativo). L’abrogazione viene comunicata da Presidente della Repubblica con D.P.R. sulla Gazzetta Ufficiale.
Se invece l’esito è negativo, ovvero la legge non viene abrogata, la comunicazione del risultato del referendum viene fatta dal Ministro della Giustizia, sempre sulla Gazzetta Ufficiale.