I beni che sono soggetti al regime di comunione legale dei beni sono elencati nell’articolo 177 del codice civile, secondo il quale costituiscono oggetto della comunione:
a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati.
I beni che non entrano nel regime di comunione.
Il successivo articolo 179 elenca invece i beni che, pur vigendo il regime di comunione legale, non sono soggetti a detto regime (in altri termini, il coniuge titolare di detti beni si comporta come un soggetto non coniugato). Essi sono:
a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.
Va peraltro precisato che l'acquisto di beni immobili, o di beni mobili registrati, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso si a stato parte anche l'altro coniuge.
Le attività aziendali e la comunione legale.
Quanto alle attività aziendali, occorre distinguere i seguenti tre casi:
1) sono soggette al regime di comunione legale le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
2) qualora però si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi;
3) invece, i beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa
Il reddito personale di ciascun coniuge.
La comunione legale non si estende al reddito conseguito da ciascuno dei coniugi per l’attività lavorativa svolta durante il matrimonio: il legislatore non ha infatti voluto che le regole della comunione (e in particolare la regola della necessità di una decisione comune per le operazioni di straordinaria amministrazione) si estendessero a ciò che è frutto del lavoro separato di ciascun coniuge.
Peraltro, questa considerazione va “temperata” con due altri rilievi:
1) se il reddito di ciascun coniuge viene impiegato in “acquisti”, allora scatta la regola generale in base alla quale tutto ciò che è acquistato durante il matrimonio (dai coniugi insieme o da ciascun coniuge separatamente l’uno dall’altro) viene per ciò stesso assoggettato al regime di comunione legale (indipendentemente dalla provenienza del denaro impiegato);
2) se il reddito non viene impiegato in “acquisti” (notando che per “acquisto” si intende anche quello di strumenti finanziari: come fondi comuni, azioni, obbligazioni, eccetera) ma viene tenuto “a disposizione”, ad esempio messo in giacenza in un conto corrente, la legge vuole che il denaro che residua nel momento in cui la comunione si scioglie divenga in quel momento comune ad entramvi i coniugi (è la cosiddetta “comunione di residuo”).
Ultima Modifica: 08/05/2008