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La disciplina degli immobili da costruire e il bene “al rustico”


Sommario

1. Impostazione del problema. 2. Vendita di immobili “al rustico” già costruiti. 2.1 Vendita di immobili “al rustico” già costruiti e contratto di appalto. 2.2. Vendita di immobili “al rustico” già costruiti in condominio. 3. Vendita di immobili “al rustico” ancora da costruire. 4. Vendita di immobili promessi in vendita come ultimati, ma trasferiti al rustico. 5. Prime conclusioni.

 

1. Impostazione del problema.

Il perimetro di applicazione della disciplina sugli immobili da costruire (Decreto legislativo, 20 giugno 2005, n. 122), nonostante la recente modifica (Decreto Legislativo, 12 gennaio 2019, n. 14), ha confini tuttora ‘incerti’.

Non è sicuro se nel quadro normativo di riferimento rientrino gli immobili per i quali l’attività edilizia non è giunta a compimento (c.d. immobili “al rustico” o al “grezzo”).

La questione, oltre che su un piano teorico, è rilevante su un piano pratico per le rilevanti ricadute applicative. Non è conseguenza giuridica di poco momento stabilire se il costruttore-venditore[1] abbia l’obbligo di consegnare la fideiussione (in sede di stipulazione del contratto preliminare)[2] e la polizza postuma decennale[3] (in sede di stipulazione del contratto definitivo) relativa al rustico.

L’importanza della questione si lascia poi cogliere maggiormente se soltanto si consideri che l’immobile trasferito “al rustico” costituisce un bene che ha formato oggetto di rapporti negoziali, nel mercato immobiliare, già prima dell’entrata in vigore della disciplina sugli immobili da costruire, e che continuerà a essere pro futuro al centro delle contrattazioni immobiliari, onde per cui, di là dei possibili rischi di abusi o elusione della normativa, «mediante un artificioso “spezzatino” della vicenda contrattuale naturalmente unitaria»[4], questo tipo di vicenda negoziale[5] non può aprioristicamente escludersi dal perimetro della disciplina in esame e merita più attenta considerazione.

Utile è distinguere a tal fine tre ipotesi:

a) immobili “al rustico” già costruiti, promessi in vendita nella loro attuale consistenza, senza alcuna attività costruttiva da parte del promittente venditore/costruttore;

b) immobili “al rustico” ancora da costruire, promessi in vendita come beni “al rustico”, per i quali, prima della stipulazione del contratto definitivo, è prevista un’attività costruttiva da parte del promittente venditore/costruttore;

c) immobili originariamente promessi in vendita come beni ultimati, ma trasferiti in sede di contratto definitivo come “immobili al rustico”, avendo le parti raggiunto nelle more della sequenza preliminare-definitivo un nuovo accordo.


2. Vendita di immobili “al rustico” già costruiti.

La ‘negoziazione statica’ di un bene immobile “al rustico”, già esistente, deve escludersi dal perimetro di applicazione della disciplina a tutela dell’acquirente d’immobili da costruire, non trattandosi di un “immobile da costruire” nell’accezione datane dall’art. 1, lett. d), Decreto Legislativo, 20 giugno 2005, n. 122.

L’acquirente acquista immediatamente la piena proprietà dell’immobile esistente e già edificato, sebbene a uno stadio rustico per l’appunto. Ne segue, pertanto, l’esclusione dell’alternativa prevista dall’art. 1 lett. d), e cioè che l’immobile si trovi in uno stadio costruttivo tale da escludere il rilascio del certificato di agibilità.

Oggetto del contratto è un immobile che versa in una dimensione per così dire “statica”. L’immobile viene cioè trasferito nello stato in cui si trova al momento della stipula del contratto per un prezzo ragguagliato a tale stadio. Per questa ragione il contratto di vendita di un bene immobile “al rustico”, già esistente, deve considerarsi fuori dall’ambito di applicazione del Decreto Legislativo, 20 giugno 2005, n. 122, non sussistendo nessuna esigenza di garantire l’acquirente rispetto alle comuni vendite di fabbricati già ultimati.

Lo stesso regime giuridico si ha in caso di vendita di rustico già realizzato e da completare a cura e spese dell’acquirente dopo il trasferimento di proprietà[6]. Anche in questo caso le parti hanno espressamente programmato il trasferimento di un immobile al rustico sprovvisto dell’agibilità, per il quale non verrà eseguita nessuna attività edilizia da parte del costruttore. L’immobile verrà trasferito infatti all’atto del definitivo nello stesso stato in cui è stato dedotto nel contratto preliminare (venendo meno, così, uno dei presupposti cui la legge ha subordinato l’applicazione della disciplina in commento). L’estraneità alla disciplina degli immobili da costruire della vendita al rustico nella sua dimensione “statica” resta impregiudicata - evidentemente - anche laddove il promissario acquirente si sia esposto nei confronti del venditore-costruttore con il versamento di una caparra, oppure abbia anticipato parte o l’intero prezzo, non essendo coperto in questo caso il rischio del fallimento del(l’ex) costruttore dalla disciplina degli immobili da costruire[7].

2.1 Vendita di immobili “al rustico” già costruiti e contratto di appalto.

La fattispecie della vendita di immobili al rustico già costruiti si arricchisce di un importante elemento di novità quando il promissario acquirente addiviene alla stipulazione di un contratto di appalto per l’ultimazione dell’immobile.

Nulla quaestio quando il compratore, dopo aver acquistato il rustico dal costruttore-venditore, stipuli un contratto di appalto con un soggetto diverso dal costruttore originario. Poiché il contratto di appalto non rientra tra i presupposti contrattuali della disciplina sugli immobili da costruire, questa continuerà a non applicarsi.

Differente è invece la fattispecie del contratto di vendita di immobile “al rustico” già costruito, con contestuale appalto al costruttore-venditore di completare la costruzione, secondo un determinato capitolato.

Nonostante la cesura tra compravendita del rustico e contratto di appalto, il rischio che l’operazione possa essere “riqualificata” come unitaria e quindi elusiva[8] sono tali da fare ritenere applicabile nondimeno il Decreto Legislativo, 20 giugno 2005, n. 122[9].

Ricorrono, infatti, le esigenze di tutela dell’acquirente, consistenti nella completezza dell’assetto di interessi racchiuso nell’unitario regolamento contrattuale e nell’esatta indicazione della prestazione a cui è obbligato il venditore; nella garanzia di recuperare, in caso di crisi dell’impresa, le somme pagate prima del trasferimento del bene mediante la polizza fideiussoria; nella trascrizione del contratto preliminare e nel privilegio sull’immobile per mancata esecuzione del contratto preliminare[10].

Ragionare diversamente significherebbe celare tale assetto d’interessi dietro lo schermo “frazionato” di vendita e appalto, che non potrà far mutare di certo la funzione concreta dell’operazione di cui sono parti gli stessi soggetti.

É assolutamente opportuno, quindi, nel caso in cui lo stesso notaio sia chiamato a ricevere i due contratti, che le parti vengano adeguatamente informate dei suddetti rischi.

2.2. Vendita di immobili “al rustico” già costruiti in condominio.

Le conclusioni innanzi raggiunte circa le fattispecie escluse dal perimetro applicativo della disciplina sugli da costruire valgano anche per gli immobili “al rustico” facenti parte di un condominio ancora in costruzione al tempo del preliminare e come tali trasferiti in sede di contratto definitivo[11]. L’appartamento trasferito cioè è quello oggetto del contratto preliminare, vale a dire la singola unità immobiliare promessa “al rustico” e considerata dalle parti in maniera autonoma[12], rispetto alle vicende costruttive delle altre unità immobiliari del condominio in costruzione, nonostante il titolo abilitativo sia stato rilasciato con riferimento all’intero fabbricato, perché più che al titolo, per la disciplina in esame, si deve avere riguardo all’intervento edilizio sul singolo appartamento promesso in vendita.

Accade invece l’esatto contrario - applicandosi pertanto la disciplina sugli immobili da costruire - se il bene promesso in vendita è un appartamento da realizzare facente parte di un condominio ancora in costruzione al tempo del preliminare, mentre il bene trasferito in sede di contratto definitivo sarà un appartamento finito (negli esatti termini pattuiti su consistenza e finiture). In questo caso troverà applicazione il Decreto Legislativo, 20 giugno 2005, n. 122, anche se le restanti unità immobiliari sono ancora in costruzione, venendo in considerazione la sopra segnalata autonomia dell’attività costruttiva rispetto alle singole unità immobiliari in condominio.


3. Vendita di immobili “al rustico” ancora da costruire.

Altra fattispecie è quella avente a oggetto l’immobile al rustico ancora da costruire, dove il programma negoziale delle parti è collegato alla realizzazione di un rustico.

Il bene trasferito all’atto di stipula del contratto (definitivo) di vendita è esattamente quello pattuito nel contratto preliminare nel quale il costruttore si è obbligato a trasferire un immobile allo stadio di fatto rustico.

Tale fattispecie presenta elementi di diversità rispetto all’altra fattispecie del rustico venduto nella sua dimensione statica.

In quella il rustico è già stato realizzato ed è trasferito come tale, senza interventi edilizi.

Nel caso di rustico ancora da realizzare, al contrario, il costruttore deve svolgere un’attività edilizia dopo la stipula del contratto preliminare, essendo la stipula del contratto definitivo ricollegata al momento della costruzione del rustico.

In tal caso si possono verificare almeno due situazioni concrete.

La prima si ha quando ancora non c’è stata alcuna trasformazione del territorio. Il permesso di costruire è stato richiesto ma l’area di sedime non è stata ancora interessata da nessun intervento edilizio.

La seconda si ha quando l’attività edilizia è appena iniziata o un manufatto è stato già realizzato, ma necessita di ulteriori interventi prima di essere trasferito, sempre allo stato rustico, in sede di contratto definitivo[13].

Entrambe le fattispecie pongono un comune interrogativo, dovendosi stabilire se trova applicazione la disciplina sugli immobili da costruire.

La soluzione si lascia intravedere nelle decisioni delle Corti.

La giurisprudenza di legittimità[14] e, adesivamente, la giurisprudenza di merito[15], hanno chiarito che, in base all’art. 1 lettera d) del Decreto Legislativo, 20 giugno 2005, n. 122, l’obbligo di prestare la garanzia fideiussoria sussiste soltanto qualora oggetto del contratto (a effetto traslativo non immediato) sia un immobile che si trovi in uno stadio di “costruzione” che si colloca tra i seguenti due momenti temporali:

- dopo l’avvenuta richiesta del permesso di costruire;

- prima del completamento di quelle finiture necessarie al rilascio del certificato di agibilità.

Il legislatore quindi, per le finalità di tutela degli interessi coinvolti, ha adottato una nozione di “fabbricato da costruire”, diversa da quella contenuta nell’art. 31, comma 2, Legge, 28 febbraio 1985, n. 47, in tema di condono edilizio e nell’art. 2645-bis, ultimo comma, c.c., in tema di trascrizione del preliminare[16], dilatandola al di là del momento della realizzazione del mero “involucro esterno” fino al momento in cui non venga a trovarsi nello “stadio tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità”[17]. Nella disciplina viene accolta pertanto una definizione[18] di ‘immobile da costruire’ di maggior tutela dell’acquirente[19], includendo nel suo ambito d’applicazione la realizzazione di ogni manufatto, che si colloca dopo l’avvenuta richiesta del permesso di costruire e prima del completamento di opere, impianti e finiture necessarie al rilascio del certificato di agibilità, in modo che l’immobile possa essere funzionale a realizzare le finalità per le quali è stato fatto oggetto di attività negoziale.

Rilevante, per il legislatore, è lo ‘stato’ di fatto del manufatto, compreso tra i due momenti temporali indicati e non anche lo ‘stadio’ di bene in grado di ottenere l’agibilità. È lo ‘stato’ di incompiutezza dei lavori edilizi, non giunti al punto tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità, a determinare l’oggetto degli acquisti da tutelare.

Ne segue che «in base alla definizione dell’art. 1 lett. d) D. Lgs. n. 122 del 2005, deve affermarsi che il “fabbricato al rustico” rientri nell’ambito di applicazione del decreto medesimo, in quanto “immobile da costruire” a tutti gli effetti»[20]. Lo stesso dettato normativo consente cioè di ricomprendere nell’oggetto della disciplina anche la vendita del “rustico da costruire” da parte del costruttore[21].

A questa conclusione potrebbe obiettarsi che l’obbligo di consegna della polizza postuma decennale sussista soltanto in caso di trasferimento d’immobile comunque ultimato, ovverosia giunto a uno stadio tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità, in base al combinato disposto degli artt. 4 e 1 lett. d).

Tuttavia questa soluzione interpretativa, che nega la consegna della postuma decennale rispetto al rustico da costruire, non convince, perlomeno non persuade del tutto. Perché la nozione d’immobile ultimato non può essere soltanto quella che si evince dalla lettura combinata degli art. 1 lett. d) e 4 comma 1 del Decreto in commento.

Accanto alla nozione, per così dire legislativa, corrispondente all’id quod plerumque accidit dell’acquisto di un immobile in costruzione nello stato in cui sarà una volta ultimato, può ben convivere quella che si ricollega all’autonomia privata, la quale può legittimamente indirizzarsi verso un programma edilizio diverso da quello tipizzato dal legislatore e ciò nondimeno rimanere conforme al diritto degli immobili da costruire.

Niente esclude - in altri termini - che siano le parti, alla cui tutela la norma è preordinata, a stabilire quando l’immobile vada considerato “ultimato”[22]. Rientra cioè nell’autonomia privata individuare convenzionalmente il quantum della prestazione edificatoria richiesta e considerare la “data di ultimazione dei lavori” coincidente con l’ultimo intervento edilizio pattuito per la realizzazione del rustico. Senza che per ciò solo l’acquirente ne risulti svantaggiato per il carattere normativamente indisponibile dei sottesi interessi e il costruttore possa ritenersi esonerato dal consegnare la fideiussione, in sede di preliminare, e la polizza postuma decennale, in sede di contratto definitivo, essendoci compatibilità assoluta tra l’assetto d’interessi programmato dalle parti e l’assetto programmato dalla disposizione normativa.

Ragionare diversamente, in termini di qualificazione negativa dell’atto, potrebbe corrispondere a ridurre le tutele dell’acquirente; vanificare quelli che sono gli scopi perseguiti dalla normativa; comprimere ingiustificatamente l’autonomia privata, quando non collide con interessi né diretti e particolari delle parti né mediati e generali della circolazione immobiliare; favorire soprattutto lo sviluppo di prassi elusive della disciplina[23].

Il compimento di una concreta attività edificatoria da parte del costruttore, dopo la richiesta del permesso di costruire, impone per identità di ratio l’applicazione della disciplina degli immobili da costruire, tanto se i lavori di costruzione sono eseguiti fino al momento della realizzazione del rustico quanto se sono eseguiti fino al completamento del fabbricato[24]. In entrambi i casi «l’inesistenza attuale del bene, nella configurazione programmata, e il conseguente protrarsi nel tempo della prestazione del costruttore, costituiscono il presupposto per l’applicazione delle regole di protezione»[25], nei limiti compatibili con la prevista fattispecie del “rustico da costruire”, dal momento che trattasi di un’ipotesi di rafforzamento della posizione dell’acquirente.

Essendo prevista anche in tal caso un’attività edificatoria, che si accompagna ai pattuiti esborsi in denaro a carico dell’acquirente, fino al completamento del manufatto nella consistenza voluta e convenuta dalle parti si applica la disciplina di tutela dell’acquirente. Sussistono, infatti, le istanze di tutela dell’acquirente, alla base della detta disciplina e consistenti nella compiutezza dell’assetto di tutti gli interessi coinvolti nell’unitario regolamento contrattuale; nell’esatta indicazione della prestazione dovuta dal venditore; nella garanzia di recuperare, in caso di crisi dell’impresa, le somme corrisposte anteriormente al trasferimento del bene mediante la polizza fideiussoria; nella formalità pubblicità presa e nel privilegio sull’immobile per mancata esecuzione del contratto preliminare[26].

Rispetto all’assicurazione postuma decennale, ricadendo l’operazione negoziale nel perimetro normativo, l’impresa deve attivare, all’inizio dei lavori nel cantiere, la polizza CAR “Contractor’s All Risks”[27], la quale consentirà all’acquirente di ottenere, al termine degli stessi lavori, la polizza postuma decennale prescritta dall’art. 4 del decreto. All’atto di trasferimento dell’immobile al grezzo, il costruttore sarà obbligato a consegnare la polizza postuma decennale, laddove sia effettivamente rilasciata dall’assicuratore. Non è sicuro, però, che si riesca a ottenere dall’assicuratore la polizza postuma decennale di cui all’art. 4, costituendo una scelta discrezionale dell’assicuratore il suo rilascio in un momento anticipato rispetto al termine dei lavori. Pur tuttavia sarà sempre possibile per l’acquirente subentrare nella polizza CAR in corso, la quale gli consentirà il rilascio della postuma decennale con effetto dalla data di ultimazione dei lavori.

In questa fattispecie non ricorre la causa di escussione della fideiussione di cui all’art. 3, comma 3, lett. b) poiché non c’è l’obbligo legale per il costruttore di consegnare la polizza assicurativa conforme al modello standard ministeriale e, giocoforza, perché l’acquirente ha soddisfatto il suo interesse e non ha ragione di voler recedere dal contratto.


4. Vendita di immobili promessi in vendita come ultimati, ma trasferiti al rustico.

La terza fattispecie riguarda un immobile promesso in vendita come ultimato (nell’accezione della disciplina sugli immobili da costruire), ma che per accordi successivi tra le parti viene trasferito “al rustico”.

In tal caso, la fideiussione è stata consegnata al promissario acquirente al momento della stipulazione del contratto preliminare, ma l’immobile viene trasferito al rustico, anziché ultimato, al momento della stipula del contratto definitivo.

Le parti infatti, pur avendo pattuito il trasferimento dell’immobile ultimato, per sopravvenienze, hanno deciso di mutare il loro precedente accordo, rideterminando le rispettive prestazioni. Hanno cioè deciso di modificare[28] l’originario programma negoziale, stabilendo che la prestazione a carico del costruttore consisterà nella consegna dell’immobile nello stato fino a quel momento realizzato, mentre quella a carico dell’acquirente consisterà nella corresponsione del corrispettivo dovuto per l’immobile “al rustico”, nel quale sono compresi gli acconti prezzo già versati.

Varia, in altri termini, lo stadio di ultimazione del bene, secondo una diversa valutazione delle parti e, di conseguenza, del prezzo della compravendita[29].

La volontà delle parti non è quella di abbandonare il programma negoziale originario stabilito nel contratto preliminare, che non viene risolto ma mantiene tutta la sua efficacia.

La stessa parte acquirente intende conservare il regime di tutele della disciplina sugli immobili da costruire, come se fin dall’inizio avesse concordato con il costruttore l’acquisto di un immobile da costruire “al rustico”, secondo quanto detto innanzi.

La situazione è in buona sostanza tale che, una volta arrestata l’attività edilizia, le parti intendono realizzare pattiziamente lo stesso risultato della fattispecie negoziale descritta nel paragrafo precedente, dove fin dall’inizio è stabilito il trasferimento del “rustico” da costruire. Fattispecie, questa, che ricade nel perimetro della disciplina sugli immobili da costruire.

Intervenendo sul rapporto non ancora esaurito e non sull’atto negoziale originario[30], la disciplina applicabile rimane pertanto quella della vendita di immobile al grezzo oggetto di attività edificatoria da parte dell’impresa di costruzioni, compresa la consegna della polizza postuma decennale, nei limiti sopra specificati. Con la conseguenza che il successivo contratto di vendita del fabbricato allo stato grezzo sarà concluso in esecuzione dell’originario contratto preliminare, previsto dall’art. 2645-bis, comma 3, c.c.

Non può tuttavia escludersi del tutto che l’intenzione delle parti possa essere invece quella della risoluzione consensuale del contratto preliminare. Ma si tratta di fattispecie differente da quella del contratto modificativo, perché le parti, attraverso un atto notarile di mutuo dissenso[31] debitamente annotato[32], pongono nel nulla il programma negoziale già avviato e abbandonano, conseguentemente, tutte le tutele di legge.

Quando ciò si verifica, nonostante la compravendita del rustico non avvenga più in esecuzione del contratto preliminare, il notaio non potrà ignorare né la volontà delle parti né l’esistenza di un contratto preliminare notarile peraltro trascritto nei registri immobiliari.

Sul piano professionale, quindi, il notaio svolgerà diligentemente la propria attività, informando le parti - ad esempio - che la risoluzione del contratto preliminare dovrebbe avvenire con atto notarile, da annotarsi a margine della trascrizione del contratto preliminare. O ancora, informando l’acquirente che la scelta compiuta gli consentirà di giovarsi soltanto delle garanzie per i vizi previste dal codice civile (art. 1669 c.c.) e non invece della tutela “rafforzata” costituita dalla polizza postuma decennale.

L’attività informativa del notaio dovrà poi essere particolarmente accurata, poiché la posizione dell’acquirente esce dal nuovo accordo pressoché indebolita. Per quanto la fattispecie di mutuo dissenso non determini una violazione né dell’art. 5 comma 1-bis del decreto[33], né dell’art. 143 del Codice del Consumo[34], essendo sanzionata la sola rinuncia preventiva alle tutele là dove il programma negoziale rimanga inalterato.

Vi è poi un dato ulteriore da considerare nell’esercizio dell’attività notarile.

Sebbene nessuno dubita «della ammissibilità di poteri delle parti di “modificare” - consensualmente - un rapporto contrattuale precedentemente costituito»[35], purché rimanga «intatto l’oggetto del rapporto e non [se] ne snaturi, nei tratti essenziali, il nucleo funzionale originario»[36], tuttavia, nonostante l’intenzione delle parti di mantenere intatto il nucleo della contrattazione originaria, sussiste sempre il rischio che l’operazione di ‘modifica contrattuale’ possa essere “riqualificata” come fattispecie estintivo-costitutiva del contratto preliminare. Dopotutto, «esprimere la volontà di continuare il rapporto originario, e poi realizzare una modifica tale da alterarne l’identità, rappresenterebbe una palese contraddizione: compiere una modifica di questa portata, rispetto all’intento di mantenere il rapporto originario, costituirebbe, in un certo senso, un venire contra factum proprium»[37].

E sarà il notaio - si ribadisce - incaricato di ricevere il contratto di compravendita che, rese edotte le parti, attiverà ogni cautela rispetto ad abusi e a prassi elusive[38], fugando ogni dubbio riguardo alle reali intenzioni delle parti di modificare o di estinguere il precedente contratto.

 

5. Prime conclusioni.

Tirando le file delle suesposte considerazioni, possono trarsi le seguenti conclusioni sul fatto di vita[39] di un immobile al rustico[40].

É fuori dal perimetro applicativo della disciplina sugli immobili da costruire l’immobile “al rustico” già costruito, promesso in vendita nella attuale consistenza, senza alcuna attività costruttiva da parte del promittente venditore/costruttore[41].

Rientra invece nell’ambito della predetta disciplina l’immobile “al rustico” ancora da costruire, promesso in vendita come bene “al rustico”, per il quale, prima della stipulazione del contratto definitivo, è prevista un’attività costruttiva da parte del promittente venditore/costruttore.

Tra i due estremi, in una posizione per così dire mediana, si colloca l’immobile originariamente promesso in vendita come bene ultimato, ma trasferito in sede di contratto definitivo come “immobile al rustico”, avendo le parti raggiunto nelle more della sequenza preliminare-definitivo un nuovo accordo, ad esempio, per evitare una situazione di crisi dell’impresa e porre termine a un rapporto con il costruttore semmai avvalendosi di prestatori d’opera di propria fiducia.

Qui la disciplina sugli immobili da costruire, applicata in sede di stipulazione del contratto preliminare, in occasione del quale il costruttore ha consegnato la fideiussione al promissario acquirente, troverà o meno applicazione in sede di stipulazione del contratto definitivo, a seconda che rimanga intatto (contratto modificativo) o si risolva consensualmente (contratto di mutuo dissenso) il nucleo fondamentale degli interessi delle parti[42].

Nel primo caso, la vendita allo stato grezzo del fabbricato costituisce esecuzione del contratto preliminare previsto dall’art. 2645-bis, comma 3, c.c., d’immobili da costruire, e quindi dovrà essere consegnata la polizza postuma decennale in sede di contratto definitivo, nei limiti sopra specificati.

Nel secondo caso, le parti hanno posto nel nulla, mediante atto notarile di mutuo dissenso debitamente annotato, il contratto preliminare d’immobili da costruire, essendo venuto meno il duplice presupposto della ultimazione dei lavori e della consegna dell’immobile finito come inizialmente promesso da parte del costruttore. Con la conseguenza che venendo negoziato un immobile “al rustico” nella sua dimensione statica, l’acquirente, comprando un bene diverso, perde l’effetto prenotativo del contratto preliminare trascritto e non ha garanzie nè fideiussorie, nè assicurative.

Sarà in definitiva il notaio incaricato di ricevere il contratto di compravendita ad attivare ogni cautela rispetto ad abusi e a pratiche elusive nonché a fugare ogni dubbio riguardo alla volontà delle parti di modificare soltanto e non già estinguere il precedente contratto, in quanto l’atto di mutuo dissenso potrebbe trasformarsi comunque in un contratto modificativo dell’atto precedente[43].

 

______________

[1] L’articolo 1, lettera b) del citato D. Lgs. n. 122/2005 stabilisce che per “costruttore” debba intendersi «l’imprenditore o la cooperativa edilizia che promettano in vendita o che vendano un immobile da costruire, ovvero che abbiano stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto la cessione o il trasferimento non immediato in favore di un acquirente della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, sia nel caso in cui lo stesso venga edificato direttamente dai medesimi, sia nel caso in cui la realizzazione della costruzione sia data in appalto o comunque eseguita da terzi». Ad avviso di un recente dictum di merito, «nei contratti aventi ad oggetto immobili da costruire, non ancora esistenti all’atto della stipulazione del contratto, per costruttore va inteso l’imprenditore ovvero la cooperativa edilizia che procedano alla vendita anche nel caso in cui non sia ditta costruttrice e ma mero venditore, essendo rimessa la costruzione a terzi» Corte appello Napoli, 12 aprile 2021, n. 1340, in www.dejure.it.

[2] La natura giuridica della fideiussione prescritta dagli artt. 2 e 3 del D. Lgs. 122/2005 è discussa (S. Cardarelli, L’acquisto di immobili da costruire o in corso di costruire, Milano, 2009, p. 295 ss.). Taluna dottrina ritiene che si tratti «di una fideiussione in senso stretto e non a prima richiesta non essendovi nella legge qualcosa che legittimi la configurazione della fideiussione come contratto autonomo di garanzia» (C. Leo, Le nuove norme a tutela degli acquirenti, in I Contratti, 2005, p. 747). Altra dottrina considera «più opportuno prevedere la formula “a prima richiesta”. Però la legge stabilisce che il promissario acquirente possa pretendere il pagamento entro 30 giorni dalla sua richiesta scritta documentata. E allora potrebbe anche argomentarsi che tal ultima previsione in realtà, al di là del nomen, introduca sostanzialmente l’idea della clausola a prima richiesta: infatti, se la norma stabilisce che il venditore è tenuto a pagare entro 30 giorni dalla richiesta documentata, sembra individuare una certa automaticità» (F. Alcaro, Il sistema delle garanzie nella nuova disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire (d.lg. n. 122/2005), in Obbl. e contr., 2006, p. 489 spec. sub. par. 2). Nella stessa linea ermeneutica si è anche osservato che «per un verso è evidente che il legislatore abbia inteso mettere a punto un sistema di garanzie che, tutelando la parte più debole, consenta all’acquirente un celere recupero delle somme anticipate, senza restare coinvolto in alcun meccanismo processuale e limitandosi a dar prova delle sue anticipazioni. In tal senso, la previsione di uno strumento di garanzia, che resti estraneo alle eccezioni fondate sul rapporto principale tra costruttore e acquirente, apparirebbe coerente con le premesse» (F. Casarano, G. Baldi, V. Timpano, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, analisi e commento, articolo per articolo, del D. Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, di attuazione della legge 2 agosto 2004, n. 210, in vigore dal 21 luglio 2005, Milano, 2005, p. 28. In termini di garanzia autonoma a prima richiesta, P. Mazzamuto, L’acquisto di immobili da costruire, Padova, 2007, p. 79; A.A. Carrabba, Art. 1552, in Comm. cod. civ. Gabrielli, Torino, 2011, p. 76). Ulteriore opinione discorre di fideiussione con clausola di previo pagamento, nel senso che «dall’accessorietà della fideiussione deriva anche che la clausola “a semplice richiesta scritta” non preclude in radice neanche le altre eccezioni, risolvendosi in sostanza in una clausola solve et repete, come ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza: clausola, quindi, che comporta la possibilità per il fideiussore di ripetere direttamente nei confronti dell’acquirente-creditore quanto pagato, sussistendone i presupposti» (G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, Milano, 2005, p. 123. V. anche F. D’Ambrosio, Fideiussione e vincoli di contenuto negli immobili da costruire, in I Contratti, 2006, p. 607; G. Sicchiero (a cura di), La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Padova, 2005, p. 49 ss. e p. 78).

[3] Su contenuto, funzione e perimetro di applicazione, Trib. Milano, 10 maggio 2019, in www.studiolegale.leggiditalia.it, per il quale «la polizza deve essere idonea a coprire il rischio derivante da eventuali vizi e difformità che nel tempo possano sopraggiungere. Il nomen iuris utilizzato è del tutto irrilevante, laddove ciò che rileva è il suo contenuto, vale a dire l’oggetto assicurato». Dal rilascio della postuma decennale dipende il divincolo della fideiussione, subordinato alla costruzione e ultimazione dell’immobile nonché alla circostanza che il costruttore abbia formalmente offerto la propria prestazione e costituito in mora il promittente acquirente (Trib. Napoli, 7 novembre 2016, ivi). La garanzia fideiussoria serve a preservare le ragioni dell’acquirente nei casi di crisi dell’imprenditore; la postuma invece per tutelarlo dai danni derivanti da rovina o da gravi difetti costruttivi dell’immobile. Ragione, questa, per la quale deve aversi riguardo all’opera realizzata dall’impresa costruttrice (Corte d’Appello Bologna, 4 novembre 2015, ivi). Il rilascio della postuma decennale è previsto sotto pena di nullità. Si tratta, secondo taluna dottrina, di «una causa di nullità relativa del contratto definitivo in caso di mancata consegna della polizza che dovrebbe determinare l’impossibilità di stipulare tale atto per atto pubblico, con la conseguenza che il venditore (interessato alla stipulazione del contratto definitivo per poter incassare il saldo prezzo), sarà motivato a procurare all’acquirente la prescritta polizza» M. Capecchi, La protezione del promissario acquirente nel codice della crisi, in Contr. e impr., 2020, p. 92 ss. sub par. 9. In revisione critica anche G.A.M. Trimarchi, Codice della crisi: riflessioni sulle prime norme, in Notariato, 2019, p. 115, per il quale, posto si tratta di nullità relativa, «se l’atto fosse irricevibile, immaginando precluso al notai la ricezione di atti affetti da nullità relativa di protezione in quanto ricompresi nella previsione dell’art. 28 della Legge Notarile resterebbe da spiegare non tanto l’articolazione della nullità relativa stessa quale statuto speciale e derogatorio di quello della nullità piena di cui al comma 1 dell’art. 1418 c.c., e forse nemmeno la valenza sistematica della facoltà - a questo punto solo teorica - del soggetto (più debole) di far valere o meno una tutela secondo un’opportuna valutazione dei propri interessi, quanto piuttosto il senso stesso della normativa che attribuisce all’acquirente di “recedere” dal contratto quando il notaio certifichi che “per la data dell’atto di trasferimento” non abbia ricevuto la polizza assicurativa (art. 3, comma 3, lett. b del novellato testo del D. Lgs. n. 122)». Ne valorizza invece la portata innovativa e ne giustifica la funzione, E.M. Sironi, Immobili da costruire: le nuove tutele degli acquirenti dopo il d.lgs. n. 14/2019, in Notariato, 2019, p. 632 s.

[4] A. Busani, Il perimetro dei contratti interessati dalla nuova disciplina sugli edifici da costruire e tecniche contrattuali innovative per “fermare l’affare”, in Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazione del d.lgs.122/2005 e prospettive, Atti del Convegno Roma, 20-21 gennaio 2006, Milano, 2006. Secondo l’a. «L’intento “elusivo” è evidente ad esempio nel caso in cui sia previsto il pagamento al venditore/appaltatore dell’intero corrispettivo (riferito sia al rustico che all’appalto) prima del trasferimento della proprietà. Peraltro, potrebbe essere l’acquirente stesso a prediligere la soluzione dell’acquisto “al grezzo” e della stipula di un contratto di appalto, poiché ad esempio egli preferisca che l’ultimazione dei lavori e la realizzazione delle finiture e degli accessori avvengano sotto suo diretto controllo e siano effettuate su un bene già divenuto di sua titolarità: pertanto, l’intento elusivo sarà da escludere ogni qualvolta accada che, al momento del trasferimento della proprietà e della conseguente cessazione della garanzia fideiussoria il corrispettivo pagato corrisponda effettivamente al valore del rustico realizzato, e il pagamento del corrispettivo dell’appalto sia invece previsto a stati avanzamento lavori, ossia man mano che le opere di ultimazione e le finiture vengono realizzate (opere e finiture che vengono immediatamente acquisite, sin dal momento della loro realizzazione, dall’acquirente per effetto del principio di accessione)».

[5] Riguardo al veicolo negoziale, in tema d’immobili da costruire, una sentenza di merito ha avuto cura di precisare che in questo contesto normativo non rileva a escludere l’operatività della disciplina la mera circostanza che le parti abbiano concluso non già un atto di un preliminare di vendita, bensì una permuta, o almeno una vendita mista a permuta, avendo ad oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose da un contraente all’altro. Così, Corte Appello Bologna, 4 novembre 2015, in www.studiolegale.leggiditalia.it. Nella specie la parte promissaria acquirente si era riservata di «esercitare una opzione di permuta del proprio immobile di seguito descritto in luogo del saldo del prezzo, o di parte di esso».

[6] Guida Ance, Compravendita immobili in costruzione, giugno 2021, in ancereggiocalabria.it. «Più in generale, appare ovvio che solo quando la costruzione, o ultimazione del fabbricato, costituisce un obbligo dell’alienante, sorga specularmente un’esigenza di tutela dell’acquirente; il quale invece non necessita di alcuna protezione nel caso in cui nel contratto sia convenuto il trasferimento del terreno, o del fabbricato ‘‘al rustico’’, o ‘‘nello stato di fatto

in cui si trova’’, con onere di ultimazione quindi a carico dell’acquirente stesso. È quindi evidente la necessità di precisare nel contratto di alienazione del fabbricato ‘‘al rustico’’ se il completamento dell’edificio sia o meno a carico dell’alienante, posto che solo in quest’ultimo caso scattano le previsioni del decreto in commento» (G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, cit., p. 33). La disciplina di tutela infatti «non si applica nel caso (assai diffuso, peraltro nella pratica) di cessione di fabbricato in corso di costruzione rispetto al quale il venditore non si assuma alcun obbligo di completamento delle opere, completamento che viene invece assunto a proprio carico dalla parte acquirente, e cioè ogni qualvolta non sia convenuta tra le parti, quale oggetto stesso del contratto, alcuna ulteriore attività “edificatoria” successiva alla conclusione del contratto (cd. “cessione al grezzo”), secondo quella che è stata definita la “dimensione statica” del fabbricato da costruire. E ciò sia che si tratti di contratto ad effetti obbligatori (ad es. preliminare) che di contratto ad effetti reali (ad es. vendita). In questo caso, infatti, la prestazione del venditore deve intendersi esaurita al momento della stipula del contratto, per quanto concerne la “costruzione del fabbricato”, non venendo posta a suo carico nessuna altra attività edificatoria, ed il prezzo, conseguentemente, è convenuto per il fabbricato nello stato in cui si trova al momento della stipula del contratto». (Studio n. 245-2018/P, L’acquisto di immobile da costruire. Tutele vigenti e nuove tutele (dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), est. G. Rizzi). V. sul punto anche l’opinione contraria secondo cui «la considerazione statica del bene non conduce a precludere l’applicazione delle disposizioni previste agli artt. 4 e 8 del decreto […]. Con tali disposizioni si intende garantire l’acquirente in caso di sussistenza di vizi costruttivi e assicurargli la libertà da gravami del bene in oggetto; tale esigenza di tutela prescinde dal fatto che il bene sia stato considerato nel programma negoziale in una dimensione dinamica o statica» (R. Lenzi, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: effettività della responsabilità disciplinare del notaio tra regole di comportamento e regole di validità, in S. Pagliantini (a cura di), Il diritto vivente nell’età dell’incertezza Saggi sull’art. 28 ed il procedimento disciplinare riformato, Torino, 2012, p. 23).

[7] Così, con riferimento alla c.d. cessione del grezzo, Studio n. 245-2018/P, L’acquisto di immobile da costruire. Tutele vigenti e nuove tutele (dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), est. G. Rizzi. A questa ipotesi va assimilata anche l’ipotesi in cui il bene dedotto nel contratto preliminare è un immobile ultimato (per il quale è stata già presentata la segnalazione certificata di fine lavori) e questo stesso bene venga trasferito in sede di contratto definitivo. In presenza di compravendita d’immobile da costruttore dopo la presentazione della richiesta di agibilità si è fuori dal perimetro applicativo della disciplina, essendo il bene negoziato privo della qualifica di “immobile da costruire”. Così, Guida Ance, Compravendita immobili in costruzione, giugno 2021, in ancereggiocalabria.it, secondo cui «Non rientrano nell’ambito di applicazione della speciale disciplina di tutela: gli immobili per i quali sia stata presentata la segnalazione certificata di agibilità; in tal caso la costruzione deve ritenersi “ultimata”; gli immobili le cui finiture siano state completate per cui risulta già possibile la presentazione della Scia ai sensi dell’art. 24 TU Edilizia (DPR n. 380/2001)»; A. Ferrucci, C. Ferrentino e S. Uttieri, La tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire ed istituti collegati, Milano, 2020, p. 198.

Una differente ricostruzione sgancia tuttavia l’art. 4 del decreto dal presupposto che l’immobile si trovi in uno stadio da non consentire l’agibilità, altrimenti questo «significa rendere in concreto inutile ed inapplicabile la norma, il che evidentemente non può essere» E.M. Sironi, Immobili da costruire: le nuove tutele degli acquirenti dopo il D. Lgs. n. 14/2019, in Notariato, 2019, p. 632 s. L’a. sostiene pertanto l’estensione della disciplina in commento a tutte le ipotesi di vendita, anche diretta e immediata, dopo l’ottenuta agibilità. Negli stessi termini, prima della riforma, si è sostenuto che «anche quando si trasferisce un immobile ultimato, frutto dell’attività edificatoria dell’alienante, ma per il quale è semplicemente mancata una contrattazione preliminare e l’accordo si è determinato, per la prima volta, in relazione al bene già ultimato, sembra non sussistano ragioni, sotto il profilo di una ricostruzione armonica del sistema di tutela dell’acquirente, per escludere l’applicazione dell’art. 4 e 8 del decreto» R. Lenzi, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: effettività della responsabilità disciplinare del notaio tra regole di comportamento e regole di validità, cit., p. 24.

[8] Già, G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, cit., p. 58. Non può non segnalarsi che la cesura tra contratto di vendita al rustico in dimensione statica e la successiva stipulazione di un contratto di appalto con lo stesso costruttore, potrebbe portare a giudicare l’operazione come “unitaria” e quindi sostanzialmente elusiva della disciplina sugli immobili da costruire. Quando il notaio è chiamato a stipulare i due contratti non potrà non segnalare alle parti i rischi sopra evidenziati. V. anche A. Pischetola, La tutela degli acquirenti degli immobili da costruire e l’appalto, in Riv. not., 2006, p. 111 s. spec. sub par. 3.1. che ritiene applicabile la disciplina sugli immobili da costruire alla fattispecie della vendita mista ad appalto quand’anche prevalenti gli elementi dell’appalto rispetto alla vendita.

[9] In questa fattispecie non ricorre la causa di escussione della fideiussione di cui all’art. 3, comma 3, lett. b) poiché non c’è l’obbligo legale per il costruttore di consegnare la polizza assicurativa conforme al modello standard ministeriale e, a fortiori, perché l’acquirente ha soddisfatto il suo interesse e non ha ragione di voler recedere dal contratto.

[10] Rientrando poi l’operazione negoziale nel perimento normativo degli immobili da costruire, l’impresa deve attivare, all’inizio dei lavori nel cantiere, la polizza CAR “Contractor’s All Risks” che consentirà all’acquirente di ottenere, al termine dei lavori, la polizza postuma decennale prescritta dall’art. 4 del Decreto. Certo, all’atto del trasferimento dell’immobile al grezzo, non è sicuro che il costruttore riesca a ottenere dall’assicurazione la polizza postuma decennale di cui all’art. 4, venendo rilasciata in un momento anticipato rispetto al termine dei lavori. Resta però sempre possibile per l’acquirente subentrare nella polizza CAR “Contractor’s All Risks”, che gli consentirà il rilascio della postuma decennale con effetto dalla data di ultimazione dei lavori.

[11] Sulla vendita di porzione di fabbricato ultimata, compresa in complesso edilizio nel quale devono essere ancora ultimate le parti comuni condominiali, G. Petrelli, ope cit., p. 88, secondo cui «l’ultimazione delle parti comuni condominiali [fa] senz’altro parte integrante dell’obbligazione del costruttore di far conseguire all’acquirente la proprietà dell’unità immobiliare: le parti comuni rappresentano, infatti, parte essenziale ai fini della destinazione delle singole unità immobiliari all’uso cui esse sono destinate, e le garanzie del costruttore - ivi compresa quella di cui all’art. 1669 c.c. - si estendono senz’altro a dette parti comuni». Pertanto, «deve ritenersi che la mancata ultimazione delle parti comuni, essenziali ai fini della concessione del certificato di agibilità, renda applicabile la disciplina di tutela in commento ogni qualvolta vi sia ‘‘trasferimento non immediato’’ di tali parti comuni. La disciplina protettiva è invece inapplicabile ogni qualvolta debbano essere ancora ultimate parti comuni ininfluenti ai fini suddetti».

[12] Anche ai fini della fideiussione, v. sul punto, G. Petrelli, ope cit., p. 145.

[13] Per una applicazione giurisprudenziale, Trib. Padova, 30 maggio 2019, in Nuova giur. civ. comm., 2019, p. 1204, con nota G. Guzzardi, Fallimento del venditore e acquisto di immobile da costruire. Nella specie il contratto preliminare, riprodotto in atto pubblico, riguarda gli immobili promessi in vendita, già realizzati per circa il 75%, come ancora “allo stato di grezzo avanzato”.

[14] Cass., 10 marzo 2011, n. 5749, in Guida al diritto, 2011, 16, p. 42, con nota M. Leo; nonché in Cnn notizie, con nota A. Ruotolo e A. Paolini, Il preliminare di vendita “sulla carta” è fuori dall’ambito applicativo del D. Lgs. 122/2005 ma non è illecito. Degli stessi Autori, Alcuni aspetti problematici del decreto legislativo in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire (sintesi da degnazione novità per CNN), in Riv. not., 2005, p. 889 s. Per ulteriori commenti alla predetta sentenza, vedi in Notariato, 2011, p. 383, con nota G. Liotti, La Suprema Corte si pronuncia sui requisiti di validità del preliminare di vendita “sulla carta”; in I contratti, 2011, p. 657, con nota G. Orlando, La tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire; in Nuova giur. civ. comm., 2011, I, p. 952, con nota U. Stepini, L’applicazione della normativa di tutela degli acquirenti di immobili da costruire e il problema degli immobili per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire; in Giur. it., 2011, p. 2010; e ivi, G. Caradonna, Validi i preliminari di immobili “sulla carta” ma senza le tutele del D. Lgs. n. 122/2005; nonché ivi 2012, p. 564 ss., con nota A. Archinà, La Corte di cassazione si pronuncia sul contratto preliminare di vendita di immobile sulla “carta”: è valido ma non rientra nell’ambito di applicazione del D. Lgs. 122/2005. Cfr., pure, M. Rossi, La vendita degli immobili tra privati. Insidie della prassi quotidiana, Milano, 2012, p. 50 s. Adesivamente, da ultimo, Corte d’Appello Palermo, 24 giugno 2021; Trib. Salerno, 8 gennaio 2020 n. 65, tutte in www.studiolegale.leggiditalia.it.

[15] Trib. Novara, 19 febbraio 2018; Trib. Taranto, 1° agosto 2017. Entrambe, in www.studiolegale.leggiditalia.it.

[16] «Per entrambe le suddette disposizioni il fabbricato si intende ultimato e quindi esistente ogniqualvolta sia stato realizzato il rustico e completata la copertura: in questi casi il legislatore ha “anticipato” il momento della venuta ad esistenza del fabbricato facendolo coincidere con quello della realizzazione del cd. “rustico”. Tale scelta si giustifica in quanto si tratta di fattispecie nelle quali il legislatore, ricollegando determinati effetti alla venuta ad esistenza del fabbricato, ha ritenuto, in relazione agli interessi ed agli obiettivi perseguiti (condono edilizio, trascrizione preliminare) sufficiente un fabbricato individuabile come tale, e quindi realizzato nella sua struttura “essenziale”, senza che assumessero rilievo impianti, finiture ed accessori. Ma nel caso del decreto in commento le finalità perseguite sono ben altre: si tratta infatti di tutelare l’acquirente, riconoscendogli la possibilità di recuperare tutto quanto dallo stesso già sborsato prima della acquisizione definitiva della proprietà di un edificio da costruire» G. Rizzi, La nuova disciplina di tutela dell’acquirente di immobile da costruire, in Notariato, 2005, p. 427 ss. Sul punto concetto di “immobile da costruire” secondo l’art. 2645 bis c.c., A. Luminoso, La compravendita, Torino, 2018, p. 78; G. D’Amico, La vendita immobiliare (un ventennio di interventi normativi, in Contratti, 2017, p. 87 ss. sub nota 18; Id., La compravendita, I, in Tratt. dir. civ. Perlingieri, Napoli, 2013, p. 255. Sul tema, G. De Cristofaro e J. Costola, Le misure di protezione degli acquirenti di edifici da costruire introdotte dal d. legisl. 20 giugno 2005, n. 122: prime considerazioni, in Studium juris, 2005, p. 1007 ss. spec. p. 1014.

[17] Per un’applicazione giurisprudenziale, Trib. Nuoro, 10 ottobre 2018, in www.dejure.it. Il Tribunale ha escluso l’applicazione della disciplina sugli immobili da costruire e respinto la domanda di nullità del preliminare perché è stato dimostrato che gli immobili oggetto del contratto preliminare per cui è causa potessero considerarsi ultimati alla data del 27 Agosto 2008 (data di stipulazione) del contratto e quindi potevano considerarsi in stato tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità (avuto riguardo l’art. 1, lett. d) del dlgs 122/2005, secondo cui sono immobili da costruire quegli immobili per i quali sia stato chiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stato tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità. Le risultanze probatorie hanno confermato che i lavori relativi alla costruzione degli immobili oggetto del contratto alla data del 10 agosto 2008 erano integralmente realizzati e vi erano dunque i presupposti per ottenere il Certificato di Agibilità, come peraltro rilasciato dal Comune in data 16 settembre 2010.

[18] Sulla valenza delle definizioni contenute nel Decreto Trib. Verona, ord., 2 ottobre 2020, in www.studiolegale.leggiditalia.it, secondo cui le definizioni di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 122 del 2005 «hanno la funzione di perimetrare l’ambito di applicazione della tutela prevista dal legislatore alle fattispecie in esse riportate. Il verbo definire, infatti, deriva dal latino definire che significa “limitare” e a sua volta deriva dal sostantivo finis che vuol dire a sua volta “confine”. Il verbo definire significa, quindi, letteralmente “determinare fissando i limiti”. Pertanto, la scelta di cominciare il testo del decreto legislativo con una serie di definizioni, senza al contempo precisare che esse si riferiscono soltanto ad alcune norme del testo medesimo, è un chiaro indice della volontà di applicare le definizioni ad ogni fattispecie normativa e non soltanto a quelle che esplicitamente richiamano al loro interno le parole oggetto di definizione». L’art. 1 lettera d) del D.Lgs. n. 122/2005 fornisce la definizione normativa degli “immobili da costruire” ed «è quindi solo a tale tipologia di immobili che il successivo art. 2 collega la nullità di protezione» Trib. Cosenza, 7 giugno 2017, n. 1139, in www.dejure.it. Sul contenuto definitorio di cui all’art. 1, comma 1, lett. d, limitato agli immobili per cui sia stato già richiesto il permesso di costruire (caso de quo), Trib. Napoli, 28 aprile 2021, in www.studiolegale.leggiditalia.it, dove l’acquirente, persona fisica, acquista dal costruttore un fabbricato da costruire “ex novo” e deve essere tutelato, in quanto gli deve essere garantita la possibilità di recuperare tutto quanto già versato sino al momento in cui si produce l’effetto traslativo.

[19] A. Luminoso, Sulla predeterminazione legale del contenuto dei contratti di acquisto di immobili da costruire, in Riv. dir. civ., 2005, p. 713, specie sub nota 2.

[20] Trib. Novara, 19 febbraio 2018, cit. Tale decisione di merito ha «tuttavia fatto un distinguo, prendendo le mosse dalla ratio della normativa, che è quella garantire il promissario acquirente dal rischio di insolvenza dell’impresa prima dell’ultimazione della costruzione. Si è, infatti, constatato come il legislatore delegato abbia voluto dettare questa nuova disciplina per gli immobili da costruire che siano dedotti in contratto in una dimensione che si può definire “dinamica”: deve trattarsi, in particolare, di fabbricati rispetto ai quale sia prevista una successiva attività edificatoria ad opera del venditore e che pertanto al momento della conclusione del contratto non risultino ancora individuati nella consistenza voluta e convenuta tra le parti. In pratica la nuova disciplina di tutela si applica solo quando il fabbricato venga dedotto in contratto con caratteristiche (consistenza, impianti, finiture) non ancora esistenti al momento della conclusione del contratto stesso, caratteristiche peraltro delle quali si sia già tenuto conto ai fini della determinazione del prezzo, e la cui realizzazione presuppone pertanto un’attività edificatoria da parte del venditore/costruttore successiva alla conclusione del contratto in questione. Per converso, la nuova normativa non si applica ogniqualvolta oggetto di negoziazione siano immobili da costruire dedotti in contratto in una dimensione che si può definire “statica”: ossia quando il contratto riguardi edifici che vengono ceduti nello stato in cui si trovano al momento della stipula del contratto medesimo e il prezzo sia ragguagliato a tale stato. Solo in tale ultima ipotesi la vendita al rustico deve considerarsi fuori dall’ambito di applicazione del D. Lgs. n. 122 del 2005».

[21] «Acquisita la definizione di immobile al rustico, proposta da autorevole dottrina, sulla base di una pluralità di fonti normative (predetto art. 2645 bis c.c.; art. 31, l. n. 47/1985; art. 2, d.lg. n. 192/2005) come “fabbricato per il quale siano state già realizzate le strutture edilizie esterne, compresa la copertura, tali da delimitare uno spazio di volume definito, nonché le strutture interne che ripartiscono detto volume, comprese le tamponature delle singole unità”; si ritiene che l’immobile al rustico rientri pienamente nel concetto di immobile da costruire, visto che il medesimo, al pari dell’immobile da costruire, non può essere ancora dotato di certificato di agibilità ai sensi del testo unico dell’edilizia. In dottrina, si è ulteriormente chiarito che, ai fini della qualificazione di “immobile da costruire” ai sensi della disciplina T.A.I.C., non assumono alcuna importanza “le altre disposizioni – come, ad esempio, quella dell’art. 2645 bis, 6º co., c.c. […]”» N. Di Staso, La responsabilità civile e disciplinare del notaio nella legge sugli immobili da costruire, in Resp. civ., 2010, p. 53 ss. spec. sub par. 3. Ivi il richiamo a G. Petrelli, La nuova disciplina a tutela degli acquirenti di immobili da costruire, in www.gaetanopetrelli.it.

[22] D’altra parte che nella disciplina sia garantita la possibilità per le parti di accordarsi diversamente rispetto al modello tipico (accordo per acquistare un immobile finito) o, più in generale, di trovare ogni possibile accordo che sia in grado di soddisfare i loro interessi, può ricavarsi dall’art. 5 comma 1 bis, che pone quale unico limite all’autonomia privata il divieto di stabilire clausole contenenti rinunce alle tutele.

[23] Si pensi ad esempio alla seguente sequenza:

un primo contratto (preliminare) avente a oggetto un immobile “allo stato grezzo”, al quale si applicherebbe la disciplina fino al trasferimento della proprietà del “grezzo”;
1.1. o un primo contratto (preliminare) avente a oggetto il rustico nella sua dimensione statica, senza la previsione di alcuna attività costruttiva da parte dell’alienante e senza la consegna della fideiussione. Fattispecie, questa, ancora più elusiva, se non contra legem;

un secondo contratto (definitivo) avente ad oggetto il trasferimento dell’edificio “allo stato grezzo”, il quale contratto, comportando il trasferimento della proprietà del rustico (se ovviamente lo “stato grezzo” è già nel frattempo raggiunto), non sarebbe più soggetto alla disciplina di cui al D.lgs.122/2005;
un terzo contratto di appalto, con il quale l’acquirente affida al venditore il completamento del rustico.
Non v’è chi non veda che tale sequenza “spezzatino” (in questi termini A. Busani, Il perimetro dei contratti interessati dalla nuova disciplina sugli edifici da costruire e tecniche contrattuali innovative per “fermare l’affare”, cit.) seppur costituita da diversi momenti contrattuali, appare facilmente riqualificabile come “unitaria” – e quindi soggetta alla disciplina apprestata dal D.lgs.122/2005 - mancando alcuna ragione che giustifichi la scelta negoziale disarticolata.

[24] «Sotto il profilo sistematico, non è chi non veda la sostanziale identità della situazione dell’acquirente, nell’ipotesi in cui gli venga venduta, o promessa in vendita, una ‘‘nuova costruzione al rustico’’, ovvero un ‘‘fabbricato da ristrutturare’’, in presenza di identico obbligo del venditore di procedere alle opere di completamento. In entrambi i casi, sorge l’esigenza di tutelare il soggetto acquirente dal possibile dissesto del costruttore, come pure dall’indeterminatezza del contenuto degli obblighi costruttivi, e dai vizi e difformità delle opere da eseguirsi. Sarebbe irragionevole, ed in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza, una disciplina che limitasse la tutela alla prima delle due ipotesi; ed a fronte di due possibili interpretazioni, una sola delle quali costituzionalmente legittima, l’interprete deve necessariamente scegliere quest’ultima» G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, cit., p. 38.

[25] R. Lenzi, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: effettività della responsabilità disciplinare del notaio tra regole di comportamento e regole di validità, cit., p. 23.

[26] Ogni qualvolta la vendita dal costruttore al privato ha una dimensione c.d. dinamica, essendo necessaria un’attività d’impresa del costruttore per il successivo trasferimento della proprietà o di altro diritto reale sull’immobile da costruire, a fronte del pagamento di un prezzo o comunque della dazione di un corrispettivo da parte dell’acquirente, si rientra nell’ambito di applicazione della normativa di tutela dell’acquirente. Sul punto, G. Rizzi, La circolazione immobiliare, Milano, 2020, p. 637.

[27] G. Rizzi, La circolazione immobiliare, p. 634.

[28] Il contratto modificativo «deve avere la medesima forma del negozio da modificare. Infatti, se un negozio deve rivestire una determinata forma (per volontà di legge o delle parti contraenti) ciò è imposto in vista ed in funzione del particolare rapporto che si vuole regolare; e dato che “esiste unicità di obbietto tra il negozio da modificare ed il negozio modificativo”, consistente “nel regolare un unico rapporto giuridico”, la conclusione non può che essere quella per cui il negozio modificativo deve rivestire una forma almeno equipollente a quella del negozio originario» N. Stefanelli, Note in tema di negozio modificativo, in Obbl. e contr., 2012, p. 113. V. anche P. Sirena, Effetti e vincolo, in Trattato del contratto Roppo, Milano, 2006, p. 102, secondo cui «è indubbio che il patto modificativo debba essere concluso nella stessa forma che è richiesta a pena di nullità per il precedente contratto; analogamente deve dirsi qualora la forma di quest’ultimo sia stata preventivamente pattuita dalle parti contraenti ai sensi dell’art. 1352». Per un’applicazione giurisprudenziale, Trib. Taranto, 5 maggio 2018, in www.studiolegale.leggiditalia.it.

[29] Nella pratica è accaduto pure che, a fronte dei ritardi nell’esecuzione dell’opera, pendente il termine per la stipula del contratto definitivo, le parti hanno inteso modificare l’oggetto del negozio, indicando l’appartamento al secondo piano in sostituzione di quello al primo piano, con la previsione di una maggiorazione sul prezzo già convenuto. Così, Trib. Bari, 17 settembre 2014, n. 4127, in wwww.dejure.it.

[30] «Da questo punto di vista si può icasticamente affermare che il negozio modificativo produce modificazione nel rapporto, ma non del rapporto, che rimane lo stesso nei suoi tratti essenziali» N. Stefanelli, Note in tema di negozio modificativo, in Persona e mercato, 2011, p. 226.

[31] L’identità di forma dei negozi risolutori, a tutela degli interessi coinvolti (P. Perlingieri, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 51) più che di un presunto principio di simmetria, va «accertata caso per caso, valutando se le ragioni che hanno indotto la legge a prescrivere una data forma per il primo atto ricorrano anche per quello diretto alla sua rimozione, nel senso che esso rivesta il medesimo significato, con specifico riguardo alle valutazioni di natura socio-economica sottese alla singola prescrizione formale concernente il primo atto, in ragione delle finalità generali proprie del formalismo negoziale» Studio n. 434-2012/C, Il mutuo dissenso, est. F. Alcaro, in Studi e materiali, 2013, p. 643 ss. spec. sub par. 6. In dottrina, almeno, D. Mantucci, L’inadempimento reciproco, Napoli, 1990, p. 45 s.; G. Cappelletti, Il mutuo dissenso nei contratti ad effetti reali, in Rass. dir. civ., 1999, p. 241 ss.; G. Capozzi, Mutuo dissenso, in Riv. not., 1973, p. 610, secondo cui «per il mutuo dissenso si deve adoperare la forma necessaria per il negozio da abolire; a favore di tale opinione milita l’esigenza pratica di realizzare nei confronti di situazioni negoziali di un certo rilievo, una sufficiente certezza sulla seria e ponderata determinazione delle parti, oltre che una più efficiente documentazione del negozio»; A. Luminoso, Il mutuo dissenso, Milano, 1980, p. 316. Per approfondimenti, J. Wiles, Modifica e risoluzione consensuale del contratto preliminare di compravendita immobiliare: l’irrilevanza dei comportamenti concludenti successivi alla stipulazione, in Nuova giur. civ. comm., 2012, p. 705 ss.; e per una rassegna delle opinioni, C. Sgobbo, Il mutuo dissenso, la sua natura ed i contratti ad effetti reali, in Giur. it., 2012, c. 1790. Da ultimo, Cass., 3 marzo 2020, n. 5937, in Fam. dir., 2020, p. 1125, con nota A. Natale, Il principio di simmetria delle forme alla prova del mutuo dissenso della donazione; in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 751, con nota F. del Prato, Lo scioglimento di una donazione e il presunto principio di simmetria delle forme, secondo cui «In applicazione del principio di simmetria delle forme, il negozio accessorio deve avere la medesima forma di quello principale, sicché il contratto di risoluzione di una donazione deve rivestire la medesima forma dell’atto finale nell’incidenza che il primo è destinato ad avere rispetto al secondo».

[32] Tra le varie soluzioni in campo, «più coerente appare quella che ritiene applicabile l’art. 2655 c.c., c. 4, che disciplina l’annotazione di determinate declaratorie o fatti comportanti la caducazione degli effetti prodotti da un precedente contratto. In particolare, l’annotazione, come dispone la stessa norma al 4° comma, “si opera in base alla sentenza o convenzione da cui risulta uno dei fatti sopra indicati”: e nel termine “convenzione”, sicuramente, può ricomprendersi anche il contratto di mutuo dissenso, seppur quella ‘convenzione’ da cui deriva la risoluzione sembra forse riferibile, almeno letteralmente, alle ipotesi di risoluzione previste dagli artt. 1454, 1456 e 1457. Da tale annotazione dovrebbe scaturire l’opponibilità del mutuo dissenso ai terzi, benché si rilevi che l’annotazione, per sua natura, non sia equiparabile alla trascrizione, sia sotto il profilo degli effetti che delle modalità attuative» Studio n. 434-2012/C, Il mutuo dissenso, est. F. Alcaro, in Studi e materiali, 2013, p. 643 spec. sub. 7. In dottrina, M.A. Casino, Il mutuo dissenso immobiliare, in Notariato, 2020, p. 432 ss. secondo cui «civilisticamente il mutuo dissenso costituisce un contratto tipico, estintivo, con una sua causa tipica (mirante allo scioglimento del contratto), con un suo oggetto tipico (il contratto che si intende risolvere), con suoi effetti tipici (estintivi e ripristinatori, mai traslativi) e con una sua peculiare forma di pubblicità (la annotazione e non la trascrizione)». In letteratura, M. Franzoni, Efficacia del contratto e recesso unilaterale, in Cod. civ. comm. Schlesinger, Milano, 1998, p. 70; Id., voce Mutuo dissenso, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2004, p. 4 s. Diffusamente, M. Girolami, Risoluzione, mutuo dissenso e tutela dei terzi, in Riv. dir. civ., 2009, I, p. 221 ss. Per la trascrizione ex art. 2643 c. c. e non per la annotazione di cui all’art. 2655 c. c., Trib. Catania, 26 gennaio 1983, in Vita not., 1984, p. 809, con nota G. De Rubertis, Risoluzione di contratto immediatamente traslativo e pubblicità immobiliare.

[33] «l’art. 5, comma 1-bis del decreto, come modificato dal d.l. 28 marzo 1014, n. 47 convertito con modificazioni, con la l. 23 maggio 2014, n. 80, dispone che “l’acquirente non può rinunciare alle tutele previste dal presente decreto; ogni clausola contraria è nulla e deve intendersi come non apposta»; esso, quindi, esclude la possibilità per l’acquirente di immobile da costruire di rinunciare preventivamente alle tutele previste dal decreto, quindi anche c.d. polizza decennale postuma» A. Ferrucci, C. Ferrentino, S. Uttieri, ope cit., p. 204. Per un primo commento della novella normativa, G. Rizzi, Decreto legge 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire, Segnalazioni Novità Normative, in CNN Notizie del 22 ottobre 2014; M. Ciarleglio, Non è ammessa la rinuncia alle garanzie previste dal decreto 122/2005, in Imm. propr., 2015, p. 279 ss.; R. Calandrino, L’irrinunciabilità delle tutele dell’acquirente di immobili da costruire, la garanzia fideiussoria e la polizza assicurativa, in Nuove leggi civ. comm., 2015, p. 66 ss. Per un recente pronunciamento, Corte Appello Napoli, 17 giugno 2020, n. 2162, secondo cui «La clausola di rinuncia inserita nel contratto […] è […] nulla e deve intendersi come non apposta, con la conseguenza che anche il contratto stipulato è nullo, non tanto e non solo per la presenza della clausola di rinuncia (che non si estende all’intero contratto, ex art. 1419 c.c.) ma per la mancata consegna della fideiussione.».

[34] L’art. 143 del Codice del consumo espressamente sancisce la irrinunciabilità dei diritti del consumatore. La finalità «perseguita dal legislatore è quella di garantire l’effettiva attribuzione di diritti al consumatore e far sì che egli sia libero di esercitarli o meno, si che è possibile circoscrivere la predetta irrinunciabilità alla sola fase antecedente all’insorgere di tali diritti» Trib. Verona, 23 marzo 2010, in www.studiolegale.leggiditalia.it. Dell’art. 143 l’interpretazione che in proposito si è venuta accreditando è che «il diritto, una volta maturato in capo al contraente protetto (e sia pure in quanto diritto alla restituzione di una parte del prezzo, perché una parte soltanto è stata pagata), potrebbe sempre formare oggetto di un atto abdicativo» S. Delle Monache, La garanzia fideiussoria negli acquisti di immobile da costruire (fra obblio e onere), in Riv. dir. civ., 2009, p. 613 ss. spec. sub par. 7. V. anche G. De Cristofaro, Il “Codice del consumo”, in Nuove leggi civ. comm., 2006, p. 747 ss. ed ivi p. 815.

[35] P. Schlesinger, Poteri unilaterali di modificazione («ius variandi») del rapporto contrattuale, in Giur. comm., 1992, I, 20, p. 18. Più diffusamente, G. Criscuoli, Contributo alla specificazione del negozio modificativo, in Giust. civ., I, 1957, p. 852; A. Zaccaria, La prestazione in luogo dell’adempimento fra novazione e negozio modificativo del rapporto, Milano, 1987, p. 190 s.; A.M. Siniscalchi, Inizio di esecuzione e silenzio. Spunti in tema di modificazione del rapporto contrattuale, in Rass. dir. civ., 1994, p. 526; più di recente, E. Damiani, Note critiche in tema di novazione del contratto di donazione, Studio n. 6-2020/C, in Studi e materiali, 2020, p. 363 ss. spec. sub par. 4; G. Amadio, Attribuzioni liberali e “riqualificazione della causa”, in Riv. dir. civ., 2013, p. 491 ss., spec. p. 511, il quale rileva come in campo vi sia un’idea «più risalente (e oggi abbandonata, nonostante l’autorevolezza della fonte), che nella modificazione del contratto vede sempre implicito un mutuo dissenso della regola originaria e la posizione di una regola nuova» e un’idea di «modificazione pura come mutamento non estintivo, il quale, si dice, può assicurare la sopravvivenza del rapporto originario, solo a condizione che gli elementi nuovi risultino “tali da non trasformarlo nella sua struttura e nella sua configurazione giuridica”».

[36] N. Stefanelli, Note in tema di negozio modificativo, in Obbl. e contr., 2012, p. 114. Presente nel sistema «il negozio modificativo può essere definito come la manifestazione di volontà, che opera, per l’autoregolamento di privati interessi, su un precedente regolamento negoziale e sul rapporto obbligatorio da esso messo in atto, modificandoli in guisa da non far loro perdere l’originaria fisionomia e, perciò, il loro nomen iuris» (G. Criscuoli, Contributo alla specificazione del negozio modificativo, in Giust. civ., I, 1957, p. 848). «Si tratta di un negozio di secondo grado il cui regolamento modificativo ha per oggetto il medesimo rapporto giuridico essenziale del negozio di primo grado, è collegato funzionalmente con quello originario da uno stretto nesso economico e teleologico, ha natura regolamentare ed è accessorio sia perché può importare modifiche al rapporto principale senza trasformare la sua struttura o la sua configurazione giuridica sia perché non è dotato di vita autonoma ma è legato a quella del rapporto principale» (C. Galeota, La modifica e la rinegoziazione del contratto, in Il contratto, a cura di P. Fava, Milano, 2012, p. 1880). Una delle modifiche riguarda, di solito, il prezzo, G. Gorla, La rinunzia e il contratto modificativo, l’offerta irrevocabile nella civil law e nella common law, in Riv. dir. comm., 1952, p. 345. In giurisprudenza, Corte d’Appello Campobasso, 8 aprile 2020, in www.studiolegale.leggiditalia.it, dove «non viene affatto in rilievo una risoluzione consensuale del contratto preliminare (o, per esprimere lo stesso concetto con termini diversi, una ritrattazione del contratto per mutuo dissenso), bensì una modifica consensuale di talune pattuizioni accessorie di un accordo già raggiunto, in particolare di quelle relative al prezzo pattuito e alle modalità e ai tempi del suo versamento. Modifiche di questo tipo possono avvenire o mediante accordi limitati alle singole clausole e pattuizioni che si vogliono modificare o attraverso la stipula di un nuovo regolamento contrattuale le cui uniche differenze rispetto al precedente sono costituite dalle clausole oggetto di modifica. In quest’ultimo caso può determinarsi la novazione delle precedenti obbligazioni, ove si riscontri la presenza dell’animus novandi, oppure il rapporto obbligatorio non viene totalmente sostituito ma semplicemente modificato in relazione alle pattuizioni diverse inserite nel nuovo contratto».

[37] A. Zaccaria, voce Novazione, in Dig. disc. priv., XII, Torino, 1995, p. 286.

[38] La fattispecie, che potrebbe senz’altro verificarsi in ipotesi di “pre-crisi”, onde evitare situazioni o di stallo o di contenzioso successivo, impone particolare cautela perché la risoluzione del contratto fa venire meno tutte le tutele legate al contratto preliminare, tra cui l’effetto prenotativo della trascrizione, senza contare che rende impossibile il recupero in sede fiscale di quanto versato in sede di registrazione del contratto preliminare.

Ulteriore dato da considerare nell’ipotesi del mutuo dissenso, sono la restituzione di caparra versata e acconto fatturato con IVA, salvo regolamentazione pattizia quale parte del prezzo di vendita. Senza contare le implicazioni fiscali dei pagamenti precedentemente effettuati.

Inoltre - per quanto adducere inconveniens non est solvere argumentum - c’è la difficoltà pratica di trovare assicurazioni che rilascino la postuma a immobile non ultimato e di ciò le parti vanno rese edotte.

Cautela impone anche l’eventuale volontà delle parti che, per slegare la precedente contrattazione preliminare dal trasferimento dell’immobile ultimato, intendessero modificare soltanto l’oggetto e il prezzo del contratto preliminare, trasformandolo di fatto in un mero preliminare di cosa esistente “al rustico”, così da mantenere garanzie e tutele del preliminare trascritto e quindi l’applicazione della disciplina sugli immobili da costruire.

Tutto quanto precede impone cautela, perché, come detto più volte, in sede giudiziaria, l’interprete potrebbe ravvisare un abuso o comunque una pratica elusiva diretta a realizzare, quale effetto mediato, la rinuncia alle tutele di legge e riqualificare l’accordo stesso.

Sul punto, M. Capecchi, La protezione del promissario acquirente nel Codice della crisi, cit., spec. p. 118, secondo cui «accordi del genere (spesso utili a scongiurare crisi poi irreversibili del venditore) diventano ora impossibili, visto che non è verosimile possa ottenersi una polizza assicurativa di un’opera non completata. Inoltre, le difficoltà del venditore nel procurarsi la polizza potrebbero determinare slittamenti dei contratti definitivi pericolosi per le imprese meno solide finanziariamente e per la stessa stabilità dell’acquisto che potrebbe finire per ricadere nel periodo sospetto ai fini della revocatoria».

[39] V. Scalisi, Il diritto naturale e l’eterno problema del diritto giusto, in Eur. dir. priv., 2010, p. 474 ss.; Id., Per una ermeneutica giuridica ‘veritativa’ orientata a giustizia, in Riv. dir. civ., 2014, p. 1251, secondo cui: «il punto di partenza di ogni interpretazione non può essere il testo, sibbene lo storico e determinato “fatto della vita”, in funzione del quale il testo medesimo, ogni testo, dev’essere interpellato e interrogato al fine di estrarre da esso la particolare e specifica regola di azione o massima di decisione corrispondente e conforme alle attese di senso della situazione di interessi che ne è alla base». In pagine insuperabili, L. Mengoni, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Saggi, Milano 1996, p. 10.

[40] Taluna dottrina ritiene che «nella “vita” di un immobile, è possibile distinguere quattro fasi: (a) quella anteriore alla richiesta del permesso di costruire […]; (b) quella compresa fra la richiesta del permesso di costruire e la realizzazione del “rustico”, in cui - non essendo ancora venuto ad esistenza il bene - i contratti che lo considerano non possono che essere soltanto ad effetti obbligatori e, pertanto, sono certamente sottoposti alla disciplina dettata dal D. Lgs. n. 122 del 2005; (c) quella successiva alla realizzazione del rustico (e, in sostanza, al suo accatastamento) ma anteriore all’ultimazione del fabbricato, durante la quale il D. Lgs. n. 122 del 2005 sarà applicabile, oppure no, a seconda che le parti abbiano scelto di porre comunque in essere un contratto con effetti solamente obbligatori, ovvero reali; (d) quella del fabbricato che versa in condizioni tali da poter ottenere il certificato di agibilità, raggiunte le quali il D. Lgs. n. 122 del 2005 non si applica […]» C.M. D’Arrigo, La tutela contrattuale degli acquirenti di immobili da costruire, in Riv. not., 2006, p. 911 ss. spec. sub par. 4.

[41] A. Torroni, Il D. Lgs. n. 122 del 2005 letto con la lente del costruttore, cit., spec. sub. par. 7.4.2., secondo cui è «certamente al di fuori dell’ambito di applicazione del decreto n. 122 la promessa di vendita o la vendita dell’immobile dedotto in contratto in una dimensione c.d. «statica», cioè nello stato in cui si trova al momento del contratto, senza che sia previsto alcun obbligo per il costruttore di completamento delle opere. Mancando un’obbligazione di completamento del costruttore viene meno la stessa ragione di tutela dell’acquirente, il quale dimostra, con quel regolamento negoziale, di aver perseguito il proprio interesse».

[42] «tutte le volte in cui un fatto trasforma il sistema di interessi lasciandone intatto il nucleo fondamentale si ha modificazione; quando invece un fatto comporta una trasformazione che incide il nucleo fondamentale si ha innovazione» A. Falzea, voce Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p. 491 s.

[43] Si è fatto riferimento a circostanze tali da ingenerare il dubbio che «le parti desiderano disporre nuovamente del diritto oggetto del precedente atto e non solo semplicemente scioglierlo per mutuo dissenso. Da mutuo dissenso in senso tecnico, l’atto diventerebbe contro-contratto o semplicemente l’atto modificativo di uno precedente» M. Franzoni, voce Mutuo dissenso, in Enc. giur. Treccani, 2004, p. 2. Ivi con riferimento all’apposizione di termine e condizione. Sul punto si rinvia anche a P. Sirena, Effetti e vincolo, cit., p. 102.

Tratto da: CNN Notizie del 06.08.2021

Ultima Modifica: 06/09/2021