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La legge sul trust in Italia

Entro due anni anche l’Italia potrebbe avere una propria legge civilistica in tema di trust e gli operatori professionali potrebbero finalmente sganciarsi dalla fastidiosissima necessità di applicare a questi strumenti la legge di uno Stato straniero che si sia dotato di un’apposita legislazione in materia.

Il disegno di legge comunitaria per il 2010 contiene infatti la delega al Governo per approvare, inserendola nel codice civile (nel Libro IV, quello appunto in tema di contratti), la disciplina del cosiddetto "contratto di fiducia" e cioè il contratto con il quale "il fiduciante trasferisce diritti, beni o somme di denaro specificamente individuati in forma di patrimonio separato ad un fiduciario che li amministra, secondo uno scopo determinato, anche nell' interesse di uno o più beneficiari determinati o determinabili".

Questa definizione indica con chiarezza che l’istituto preconizzato è un vero e proprio trust, se non fosse che, con un po’ di violenza, viene denominato “fiducia” (inoltre, il trustee viene chiamato “fiduciario” e il disponente “fiduciante”) e che è immaginato come un “contratto”: con ciò, il trust all’italiana rischia peraltro di partire zoppo, perché, da un lato, utilizzando il termine “fiducia” si compie una inutile confusione con il contratto di mandato fiduciario, che regola i rapporti tra il fiduciante e la società fiduciaria e che non ha nulla di segregativo (ciò che è invece il dato saliente del trust); e perché, d’altro lato, il trust negli ordinamenti d’origine, e cioè quelli anglosassoni, che fanno plurisecolare scuola su questa materia, è tutto meno che un “contratto”.

Va peraltro rimarcato che nella legge delega vengono previsti, accanto alla “fiducia” istituita per "contratto", anche quella che nasca da apposita disposizione testamentaria nonché i casi (questa previsione è invero very british) in cui "gli effetti del contratto di fiducia possono derivare dalla sentenza del giudice".

Il legislatore delegante inoltre non si fa mancare nemmeno la previsione della “fiducia autodichiarata” disponendo che la legge delegata dovrà "prevedere che la disciplina della fiducia si applichi anche nell'ipotesi in cui il titolare di beni se ne dichiari fiduciario per il perseguimento di uno scopo nell'interesse di terzi beneficiari"; caso nel quale evidentemente di “contratto” non si può parlare.

Il disegno di legge delega prevede inoltre tutta un’altra serie di caratteristiche che fanno di questo "contratto di fiducia" un trust “vero e proprio”.

E’ infatti, ad esempio, disposto che:

- vengano sanciti, quali effetti del "contratto", la separazione patrimoniale, la surrogazione del fiduciario nonchè l'opponibilità del "contratto" ai terzi e ai creditori mediante idonee formalità pubblicitarie riguardanti i diritti e i beni che costituiscono oggetto della fiducia;

- venga escluso, qualora il fiduciario sia una persona fisica, che i diritti e i beni oggetto del rapporto siano parte della comunione legale tra coniugi o cadano in successione.


Importante da notare è che il nostro legislatore prevede la massima flessibilità possibile in ordine alla scelta del “fiduciario” (o trustee): potrà essere sia una persona fisica che una persona giuridica e non dovrebbero essere previste particolari doti di professionalità.

Il legislatore delegante infine impone al Governo di non produrre solo norme sull’istituto in generale, ma anche di disciplinare casi particolari, come quello della "fiducia a scopo di garanzia" (si tratta del trust a garanzia delle posizioni debitorie derivanti da attività imprenditoriali) o del "contratto di fiducia a scopo assistenziale".

Ultima Modifica: 11/12/2010