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Patto di famiglia

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I problemi da risolvere

Il patto di famiglia appare, nella struttura delineata dal legislatore, un’operazione relativamente semplice, consistente in un unico atto negoziale al quale devono prendere parte, oltre all’imprenditore ed al suo “delfino”, tutti coloro che sarebbero legittimari qualora la successione si aprisse in quel momento.

La prassi tuttavia sembra testimoniare che, in alcuni casi, l’operazione del trapasso generazionale della ricchezza familiare potrebbe essere più complessa ed articolata rispetto ad un isolato e “semplice” patto di famiglia.

Un primo aspetto da non trascurare è quello della futura gestione dell’azienda trasmessa con il patto di famiglia. E’ infatti ragionevole ipotizzare che l’imprenditore che trasferisce il proprio “gioiello” al figlio più idoneo a succedergli alla guida dell’impresa non sia un novantenne ormai disinteressato al mondo degli affari, ma un attempato imprenditore con l’esperienza e la determinazione che gli hanno permesso di creare e gestire la propria ricchezza.

Questo induce a credere che – anche dopo la cessione – l’imprenditore voglia continuare, quantomeno per un certo periodo, ad avere un ruolo più o meno centrale nell’amministrazione dell’azienda che formi oggetto della cessione. Ecco allora la possibilità che, accanto al patto di famiglia, nascano accordi “a latere” destinati a garantire al cedente un effettivo ruolo di gestione all’interno dell’impresa, accordi che, a seconda dei casi, potranno prendere la forma di un patto parasociale o di altre figure negoziali.

Altro elemento di un certo rilievo nell’ambito del patto di famiglia è assunto dal valore dell’azienda (o delle partecipazioni) oggetto della cessione, posto che sembra essere proprio questa la base di calcolo della somma dovuta dall’assegnatario agli altri legittimari. A monte della stipulazione del patto di famiglia potrebbe allora inserirsi una valutazione dell’azienda o delle partecipazioni sociali da parte di un esperto; la perizia, infatti, potrebbe rendersi necessaria qualora tra i contraenti non vi fosse concordia sul valore da attribuire all’azienda (o alle partecipazioni) oggetto del patto da stipulare o anche solo più semplicemente per rendere l’intera operazione più sicura, garantendo al patto una maggiore stabilità nel tempo anche sotto il profilo delle impugnative contemplate dalla legge.

Ultima Modifica: 21/03/2006