Società straniere in Italia
In termini molto semplici (volutamente riduttivi), sono straniere le società che non sono state costituite in Italia (art. 25 della legge 218/95).
A tali società, il diritto italiano ritiene applicabile le regole dello Stato in cui esse si sono costituite. Tuttavia – oltre a tali norme – alle stesse società si applica anche il diritto italiano se ed in quanto le società pongano in Italia la loro sede amministrativa ovvero svolgano in Italia la loro attività principale.
Questo significa che se la società ha in Italia la sua sede amministrativa o la sua attività principale, essa dovrà iscriversi nel Registro delle Imprese italiano, con l’adozione di uno statuto che sia compatibile con le norme societarie italiane. Va precisato, però, che l’adempimento di tali obblighi non è di per sé necessario affinché l’ente straniero possa svolgere in Italia la sua attività, perché – secondo i migliori studiosi – il riconoscimento della esistenza della società come tale è già implicito negli artt. 16 preleggi e 25 legge 218/1995, richiamati.
Tuttavia, fino a quando tali adempimenti non sono stati compiuti, per la società straniera (senza dubbi se è extra-comunitaria, con qualche dubbio se è comunitaria) rispondono in proprio, personalmente e senza limiti coloro che hanno agito in suo nome.
Se la società straniera pone in Italia solo una sede secondaria, che abbia cioè in Italia una rappresentanza stabile, i controlli imposti sono più limitati. Devono infatti essere osservate solo le norme sulla pubblicità degli atti sociali, deve essere pubblicato il nome del rappresentante in Italia (a pena della responsabilità senza limiti di chi opera per la società).
Quanto all’acquisto di diritti, si applica alle società straniere (solo se extra-comunitarie) l’art. 16 delle disposizioni di attuazione del codice civile (c.d. preleggi), che impone la verifica della condizione di reciprocità anche per le persone giuridiche straniere.
Le società costituite nell’Unione europea e che hanno nella stessa la loro sede legale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale sono parificate, a tutti gli effetti, alle persone fisiche cittadini comunitari (art. 48 CE).
Per le società comunitarie, l’art. 101-quater delle disposizioni di attuazione del codice civile prevede, inoltre, che se esse hanno più sedi secondarie in Italia, gli adempimenti pubblicitari possono essere attuati presso il Registro delle Imprese di una sola di esse, e depositando negli altri solo l’attestazione di aver attuato il primo deposito.
Nel caso di trasferimento in Italia della Sede sociale di una società straniera, l’art. 25, 3° comma, della legge 218/1995 prevede che il trasferimento abbia effetto solo se sono state osservate tutte le norme previste per il trasferimento sia dal paese di provenienza che dal Paese di arrivo e bisognerà fare riferimento al Paese di origine per sapere se tale società rimane in vita anche in quel Paese oppure no.
Nel caso di trasferimenti di società “comunitarie” all’interno della Comunità, una recentissima sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (sent. C-208/00 del 5.11.2002, c.d. Überseering) ha disposto (anche qui in termini volutamente semplificati) che le singole regole statali – pur nella permanente diversità di disciplina loro consentita - non possono risultare in compressioni ingiustificate del principio fondamentale di libertà di circolazione delle società – così come delle persone fisiche comunitarie – all’interno dell’area europea.