Una delle caratteristiche più interessanti del trust è l’infinità degli utilizzi che questo strumento può avere: dal diritto societario al diritto di famiglia, dalla tutela di minori e incapaci alla trasmissione generazionale delle aziende, dalla protezione dei patrimoni personali alle operazioni finanziarie più sofisticate.
Per rappresentare con semplicità e chiarezza l’utilizzo che il trust può avere, si pensi al caso di un soggetto (di nome Mario), vedovo e senza figli, il quale, svolgendo un’attività professionale rischiosa (poniamo il caso di un medico chirurgo), intende preservare alcuni suoi beni (come, ad esempio, l’immobile destinato a suo studio professionale) rispetto ad eventuali responsabilità risarcitorie che gli possano derivare da danni cagionati nello svolgimento della sua attività. Egli inoltre, non avendo eredi “diretti” intenderebbe, se possibile, attribuire la proprietà dello studio professionale a quello dei due figli (attualmente minorenni) di suo fratello Giovanni, che in futuro intraprendesse con successo gli studi di medicina.
Ebbene, la più “classica” delle sistemazioni patrimoniali che si attuano in questi casi è la donazione della nuda proprietà del bene in questione dallo zio Mario ai nipoti minorenni (ad entrambi o a uno solo di essi, con la condizione risolutiva relativa alla laurea in medicina), con la riserva del diritto di abitazione in capo al donante; essendo attribuita ai nipoti minorenni la nuda proprietà del bene, i creditori del donante non possono assoggettare quel bene ad esecuzione forzata (e nemmeno il diritto di abitazione che residua in capo al donante è espropriabile); d’altro canto, con la riserva del diritto di abitazione, il donante si garantisce il “controllo” del bene, nel senso che, da un lato, può continuare a utilizzarlo e, d’altro lato, con la sua “presenza” impedisce “di fatto” ai donatari, una volta divenuto maggiorenne, di disporne.
Vi sono però alcune inefficienze che con l’utilizzo del trust sarebbero invece rimediabili:
a) l’attribuzione della nuda proprietà ai donatari crea, in capo agli stessi, una posizione giuridica che può essere soggetta ad esecuzione da parte di loro eventuali creditori (i quali, d’accordo, subiscono un “impedimento” dalla presenza del diritto di abitazione, ma hanno pur sempre un bene di una certa consistenza verso cui dirigere le proprie pretese); questa conseguenza non accadrebbe se il bene in questione fosse “intestato” a un trustee con il dovere di destinarlo al beneficiario individuato con le regole dettate dal disponente;
b) i nipoti acquisiscono un diritto che, pur sempre con l’ostacolo “commerciale” rappresentato dalla condizione risolutiva e dal diritto di abitazione, è comunque alienabile ad un acquirente interessato a “speculare” sul ridotto valore che il bene ha a seconda della presumibile durata del diritto di abitazione; anche questa situazione sarebbe meglio gestita se Mario, invece che ad una donazione, ricorresse a un trust;
c) la donazione produce effetti immediati (salo risolversi nel caso in cui la condizione della laurea non si avveri) mentre con il trust il bene rimane nella sfera giuridica del trustee fino a che non viene il momento nel quale il bene in questione deve essere passato ai beneficiari finali.
Con l’intestazione al trustee, inoltre, si evitano tutte quelle problematiche che insorgono quando vi è l’intestazione di un bene a un minorenne (ad esempio, la necessità di coinvolgere il giudice tutelare ogni qualvolta vi sia da compiere un’attività di amministrazione straordinaria) e infine è meglio gestibile la situazione che si presenta quando il donante intenda riservarsi, per il caso di suo bisogno, il potere di vendere il bene che con la donazione è stato intestato ad altri.
Ultima Modifica: 10/02/2007