Con la recente introduzione nel codice civile del nuovo articolo 2645-ter, è stato sancito che, mediante atto pubblico, determinati beni immobili e mobili registrati possono essere destinati “alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela” per una durata non superiore a novant’anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria.
In altri termini, “imprimendo” su determinati beni questo vincolo di destinazione (che viene trascritto nei pubblici registri ove sono iscritti i beni oggetto dell’atto di destinazione) si ottiene l’effetto di “isolare” questi beni dal patrimonio “generale” del soggetto che ne è il titolare, in modo da destinarli al perseguimento del fine per il quale l’atto di destinazione è stato istituito. Con l’imposizione del vincolo di destinazione, i beni che ne sono oggetto vengono, in particolare, sottratti alle vicende in cui può essere coinvolto il loro proprietario; e così essi non possono essere assoggettati a procedure esecutive o concorsuali, si sottraggono all’eventuale regime di comunione legale dei beni tra i coniugi, non fanno parte dell’asse ereditario, eccetera.
Si pensi al caso - spesso ricorrente - di una persona, non coniugata e priva di figli, che presti continuativa assistenza a un parente (ad esempio: un fratello) disabile. Queste persone si pongono inevitabilmente il problema dell’assistenza al disabile nel caso in cui esse non possano più provvedervi (in ipotesi: per premorienza, infortunio o altra sopravvenuta incapacità). Nel contempo, l’intestazione dei beni al disabile può non rivelarsi una scelta adeguata: si pensi al fatto che il disabile non sia in grado di provvedere alla gestione del bene, alla riscossione e all’utilizzo dei frutti (ad esempio: i canoni di locazione), alle riparazioni occorrenti, all’eventuale loro vendita e al reimpiego del ricavato. Ebbene, mediante il vincolo di destinazione a beneficio del disabile, tutte queste esigenze possono essere soddisfatte.
La nuova norma in questione rappresenta quindi una rilevantissima eccezione a quella fondamentale regola del nostro sistema giuridico, codificata nell'articolo 2740 del Codice civile, per effetto della quale ciascun soggetto risponde delle proprie obbligazioni “con tutti i propri beni presenti e futuri”: in altri termini, a garanzia dei creditori e della loro parità di trattamento, il patrimonio di ciascuna persona (sia quello attualmente posseduto, sia quello che verrà in futuro acquisito) è per intero ""dedicato"" a far fronte alle obbligazioni che gravino su quello stesso soggetto.
Non è quindi possibile, salvo esplicite disposizioni di legge, isolare, nell'ambito di un dato patrimonio, dei sottoinsiemi, dei “compartimenti stagni” destinati a certi scopi e che siano “impermeabili” rispetto al restante patrimonio di quello stesso soggetto: la “separazione” patrimoniale più frequente e conosciuta è quella che si crea ad esempio costituendo una società di capitali e cioè destinando determinati beni (il denaro innanzitutto) a comporre il patrimonio della società e quindi “sottraendo” quei beni dal patrimonio “generale” di quel soggetto, con la conseguenza, da un lato, che i creditori della società non possono avere soddisfazione sul suo patrimonio personale e che, viceversa, i creditori “personali” non possono aggredire i beni della società (anche se, per il vero, possono comunque pignorare le partecipazioni che il loro debitore abbia in questa società).
Altra forma assai conosciuta e praticata di patrimonio “destinato” è quella che consegue alla stipula di un atto istitutivo di un “fondo patrimoniale”: si tratta di una specie di “membrana” che isola determinati beni (destinati a far fronte ai bisogni di una data famiglia) i quali, pur rimanendo di titolarità di coloro cui appartengono, sono però per legge “sottratti” all'azione esecutiva dei creditori per i debiti che uno dei coniugi contragga in ragione della sua attività imprenditoriale o professionale.
Quanto il nostro ordinamento necessitasse di una regolamentazione dei patrimoni destinati lo ha testimoniato il fervore che da oltre 15 anni si è manifestato intorno all'istituto del trust, al fine di realizzare anche in Italia proprio quella separazione di patrimoni che è utile per mille fini: per esigenze imprenditoriali, per questioni professionali, per la tutela di soggetti deboli, per operazioni finanziarie, e così via.
Ultima Modifica: 10/02/2007